Ray Davies – AmericanaSony Music - 2017

Ray Davies – Americana.

Ray Davies – Americana
Sony Music – 2017

Lascia qualche dubbio il primo ascolto di Americana di Ray Davies. E anche il secondo. Troppi pezzi (15), situazioni sonore a volte da catalogo generalista (un brano roots, uno pop, uno old-time e così via), persino una vaga sensazione di già detto testuale. Però Ray Davies è sempre Ray Davies, ovvero uno dei maggiori artisti degli ultimi 50 anni. Colui che, come leader dei Kinks, ha creato album straordinari quali The Kinks Are The Village Green Preservation Society, Arthur, Muswell Hillbillies… Il risultato è che: 1) gli si perdona quasi tutto a prescindere; 2) dal terzo ascolto in poi ci si rende conto che in Americana il bello prevale sul così così.

Americana, tre anni fa un libro e oggi un disco

Come noto, l’album è ispirato all’omonimo libro pubblicato da Davies nel 2014. In entrambi viene raccontato è il cinquantennale rapporto ‘dialettico’ del musicista londinese  con gli Stati Uniti. Tuttavia, più che di concept album, quali erano stati alcuni capolavori (nonché alcuni fallimenti) kinksiani, si può parlare di un’antologia di racconti a stelle e strisce, talvolta in chiave autobiografica talvolta in forma di ritratti d’ambiente dai toni quasi cinematografici.

Inevitabile che siano i primi ad attirare maggiormente l’attenzione.   C’è l’attrazione fatale del piccolo Ray, e  del fratellino Dave, per i western in bianco e nero (Americana). Ci sono le difficoltà conosciute dai Kinks all’epoca della prima trasferta oltreoceano (The Invaders). C’è persino il ricordo, con toni  diafani e allucinati, della cupa vicenda del  2004 a New Orleans, quando un rapinatore sparò addosso a Davies quasi uccidendolo (The Mystery Room).

Quanto alle vignette sociali, è in queste che si annida il rischio del cliché a cui si accennava. E che ha regalato al disco un’imprevista stroncatura. Si sa però che Davies ama il subplot, come spiega in una bella intervista per il sito web della BBC: “Mi è utile avere una vicenda principale e una trama secondaria”. Ecco allora che  le ovvietà sulla società molto-benessere-poco-cuore di Poetry o sullo sconfinato paesaggio coast-to-coast di A Long Drive To Tarzana vengono riscattate dalle vicende private che vi si intrecciano. E lo stesso vale per il quadro d’alta società paranoica (in stile Peter Bogdanovich) di The Deal. Il momento più commovente in assoluto è Rock’N’Roll Cowboys, che si apre con il ricordo dell’ultimo incontro con Alex Chilton (musicista geniale e sfortunato) per poi svilupparsi accostando gli anziani eroi rock ai pistoleri stanchi del West.

In Americana Ray Davies si fa aiutare dai roots-rockers Jayhawks

Concettuale è anche la parte musicale del disco, visto che come band di accompagnamento sono presenti i Jayhawks. Ovvero un gruppo radicato nei suoni formativi della musica americana, ma anche innamorato del beat inglese anni ’60. Perfetti, insomma, anche se qualche dissidio in studio pare ci sia stato. Però, trattandosi di un disco dallo sguardo ampio sul tempo e sullo spazio ci sono anche altri suoni, come ad esempio l’arena rock di The Great Highway  che serve a ricordare il periodo fra fine ’70 e inizio ’80 in cui i Kinks conobbero finalmente il successo mainstream negli Stati Uniti.  Il risultato complessivo è un po’ disomogeneo e a volte verrebbe voglia che a suonare ci fosse un gruppo tipo… i Kinks.

Tutto questo apparato strutturale è certo importante, anche perché la passione per il  ‘tema’ ha uniformato, come si diceva, buona parte della produzione artistica di Davies. Però è vero che il nostro non sarebbe così amato se non fosse, in primo luogo, un sopraffino autore di canzoni. E Americana regala almeno quattro-cinque pezzi da mettere nel catalogo buono dell’artista, senza necessità di pensare troppo alle parole e ai suoni. Non dimentichiamo poi che si  parla di un uomo di 73 anni che è sulla scena dal 1964. E che qui è stato in grado di un’impresa non da poco: realizzare un disco americano tenendo sempre ben presente la propria inglesità. Se solo Sir Raymond Douglas Davies facesse pace, giusto per il tempo di un disco, con il fratello Dave…

Ray Davies
7,8 Voto Redattore
8 Voto Utenti (1 voto)
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

2 pensiero su “Recensione: Ray Davies – Americana”
  1. I am of Italian heritage but I cant speak or read the language. This is a great cd Americana….my favorites are AMERICANA – THE DEAL – THE GREAT HIGHWAY – A PLACE IN YOUR HEART.

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