Sanam - Aykathani Malakon

Un supergruppo dal Libano: Sanam – Aykathani Malakon.

Succede che nel profluvio di uscite discografiche qualcosa, per usare un eufemismo, sfugga, così mi è accaduto per il disco d’esordio dei libanesi Sanam, Aykathani Malakon, opera più che meritevole e che sarebbe potuta entrare tranquillamente nella classifica di fine anno. Aykathani Malakon, che potremmo tradurre con ‘Un angelo mi ha svegliato’, è qualcosa di unico nel variegato panorama musicale odierno per l’eccezionale riuscita e fascino della sua proposta che, come loro stessi definiscono, rappresenta “un matrimonio e un esorcismo tra la canzone tradizionale egiziana, la poesia araba e il rock improvvisato, il free jazz e il noise”.

L’input di Hans Joachim Irmler dei Faust

Sanam sono una sorta di supergruppo della scena rock e sperimentale libanese, si sono formati per volere di Hans Joachim Irmler dei Faust che nel 2021 li ha voluti al festival Irtijal e poi li ha spinti a registrare un album. Per farlo i sei musicisti si sono rinchiusi in una casa in un villaggio lontani dal caos di Beirut e dopo una settimana hanno registrato in presa diretta lasciando spazio a suggestive improvvisazioni, pur mantenendo la forma canzone, anche grazie alle straordinarie performance vocali di Sandy Chamoun, che rilegge in chiave moderna classici della canzone araba, dandole un senso di urgenza e di pathos nel quale si rispecchia la situazione drammatica in cui vive la società libanese. E in questo siamo sulle stesse lunghezze d’onda di artisti come Jerusalem In My Heart, che ha mixato l’album, o Mayssa Jallad. I testi sono stati scelti dalla Chamoun che si è rivolta a poeti e compositori contemporanei e a brani tradizionali.

Le canzoni

La title track si apre con il vibrante e ipnotico buzouki di Farah Kaddour sul quale emerge il canto incantevole e venato di malinconia della Chamoun, sferragliamenti, stridori rendono inquieto il brano. La successiva Bell parte con il breackbeat della batteria di Pascal Semerdjian, come il chitarrista Marwan Tohme della pop band Postcards vista e apprezzata in tour da noi, il rintocco di una campana scandisce il tempo, le chitarre rumoreggiano, il basso imprime un ritmo kraut e si sposano miracolosamente bene con il canto nostalgico arabo.

Un arrangiamento post rock accompagna la declamazione sempre più accorata in Ayouha Al-Taiin Fi Al-Mawt, un languido torpore lisergico caratterizza Ya Nass, seguono i fragili rumorismi di Shajar Al-Touti, la frenetica  Oulo la Emmo, la psichedelia eccitante alla Altin Gün di 94, l’avvolgente atmosfera notturna resa  irrequieta da rumorismi e suoni elettronici di Mouathibatti, cantata come un blues narcolettico e infine gli 8 minuti di Rings, algido ambient elettronico e spettrale.

Sanam – Aykathani Malakon: fuori dagli schemi

Certo che se nella musica cercate approdi sicuri forse questo disco non fa per voi, perché qui i Sanam amano sperimentare, ricercare, improvvisare, meglio azzardare che ripercorrere strade già ampiamente battute. Sanam muovono partendo dalla ricca tradizione musicale mediorientale, ma per approdare a nuovi lidi, nuove forme di espressione che fanno tesoro di quanto accaduto nella musica in questi ultimi decenni, senza però abbandonare le loro radici culturali e musicali.

Sanam - Aykathani Malakon
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Nato nel 54 a Palermo, dal 73 vive a Pisa. Ha scritto di musica e libri per la rivista online Distorsioni, dedicandosi particolarmente alla world music, dopo aver lavorato nel cinema d’essai all’Atelier di Firenze adesso insegna lettere nella scuola media.

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