Taylor Swift - The Tortured Poets Department

A sorpresa Taylor Swift pubblica un nuovo, lunghissimo album: The Tortured Poets Department.

Cantautrice, popstar, fashion icon, produttrice e tanto altro ancora. Difficile incasellare Taylor Swift in una singola casella. Negli ultimi due anni la trentaquattrenne americana ha infranto ogni possibile record di vendite di album e di biglietti di concerti e polverizzato gli ascolti via streaming. Il suo incedere è trionfale e pare inarrestabile.

Nel bel mezzo dell’ epico The Eras Tour, proprio mentre stavamo aspettando l’inizio della tappa europea, Taylor ha colto tutti di sorpresa annunciando un nuovo album, dall’evocativo titolo The Tortured Poets Department, che è addirittura doppio: trentuno sono le tracce che si dipanano per oltre due ore di ascolto (per la precisione sedici sono i pezzi del disco pensato inizialmente a cui ne sono state aggiunti 15 nella versione extended denominata The Anthology). Il primo interrogativo è:  come saranno gestiti i nuovi pezzi nell’economia dell’attuale tournée caratterizzata da concerti che già ora hanno una durata fiume?

The Tortured Poets Departments è un disco a tema

L’album è, come di consueto in epoca recente, prodotto da Jack Antonoff e Aaron Dessner, che di Taylor sono anche buoni amici:  l’alchimia è anche in questa circostanza confermata.

I brani sono tutti stilisticamente perfetti.  La trama musicale in bilico fra indie pop e folk rock è un mélange riuscito delle personalità dei due sopracitati produttori e fa da sfondo a testi allo stesso tempo ironici, ingenui, sensuali e irriverenti. La Swift ha una penna che con il trascorrere del tempo ha saputo evolversi e la scrittura è cresciuta con la sua autrice, da adolescente tormentata trasformatasi in una donna alle prese con amori adulti. Ma non solo: questi amori sono stati passati al microscopio dalla stampa scandalistica (e  non) e così pare naturale cercare qui e là indizi di eventi a cui abbiamo assistito in “diretta”. E siamo subito accontentati con Fortnight (che si avvale del featuring  di Post Malone) a cui spetta l’onore e l’onere di aprire le danze,  presumibilmente dedicato alla relazione di Taylor con Joe Alwyn terminata burrascosamente dopo sei anni. 

All of this to say I hope you’re okay/But you’re the reason/And no one here’s to blame/But what about your quiet treason? recita la prima strofa e non possiamo non pensare al gossip che imperversava un po’ in tutti i social, dopo solo quindici giorni (“fortnight” appunto) dall’annunciata rottura, attorno al tradimento di Joe con Emma Laird. 

Il tema malinconico della delusione per la fine di questa storia d’amore serve da pretesto per una più ampia riflessione sul sogno americano e il suo fallimento, un tema caro all’artista che ricomparirà  in diversi altri momenti. 

Il secondo brano, nonché title track, sembra invece evocare la breve liaison della Swift con il frontman dei The 1975, Matt Healy, breve interludio fra il fidanzamento con Alwyn e l’attuale relazione con Taylor Kelce, stella del football americano. Healy, personaggio esuberante e fuori dagli schemi, estremamente malvisto dalla fanbase della Swift, ben poco  si adattava al personaggio costruitosi attorno alla musicista, e  questa  discrasia viene magnificamente inquadrata con due righe al fulmicotone:

And who’s gonna hold you like me?/ And who’s gonna know you, if not me?/I laughed in your face and said/”You’re not Dylan Thomas, I’m not Patti Smith/This ain’t the Chelsea Hotel, we’rе modern idiots”/And who’s gonna hold you like me?

Con Aaron Dessner le cose (musicali) funzionano bene

Le tracce più riuscite paiono essere quelle firmate assieme al National Aaron Dessner, e dedicate in larga parte proprio alla storia con Alwyn, come per esempio la splendida loml, una struggente ballata al pianoforte, illuminata dal cantato di Taylor.

Oh, what a valiant roar /What a bland goodbye/ The coward claimed he was a lion/I’m combing through the braids of lies/”I’ll never leave,” “Never mind”/Our field of dreams engulfed in fire/Your arson’s match, your somber eyes/And I’ll still see it until I die/You’re the loss of my life,  udiamo in coda al pezzo. Anche The Smallest Man Who Ever Lived, è composta assieme a Dessner: incentrata sul tema ricorrente della disillusione che segue la fine di un amore si sviluppa su una trama musicale in crescendo, nella quale l’impiego sapiente dei sintetizzatori contribuisce ad accrescere il senso di malinconia e rimpianto.

Due episodi che paiono intimamente connessi e fortemente autobiografici sono But Daddy I Love Him e Clara Bow: il primo fa riferimento alla Sirenetta di Andersen che rinuncia alla propria voce per amore (chiara l’allusione al silenzio e alla privacy che ha avvolto i sei anni della storia con Joe Alwyn), il secondo è dedicato a una delle più celebri stelle del cinema muto con cui la nostra pare volersi identificare.

È prodotta da Antonoff invece Florida!!, uno dei passaggi più interessanti ed effervescenti, nel quale fa capolino Florence + the Machine: l’esito è un mélange decisamente riuscito, con le voci delle due artiste che si completano alla perfezione. Anche in questo caso si parla del break up con Alwyn, divenuto di dominio pubblico proprio in occasione della tappa di Tampa del The Eras Tour.

Impegnativo è passare in rassegna tutte le trentuno canzoni, nel complesso ben riuscite e coerenti con la logica che abita l’album. Ma mi pare doveroso segnalare almeno altre due collaborazioni con Dessner: Cassandra e The Manuscript, delicate ballate dominate dal pianoforte e segnate da una profonda malinconia, come già accennato fil rouge che attraversa tutto il lavoro. 

Se un difetto possiamo trovare a The Tortured Poets Department è proprio la troppa omogeneità che pare a tratti tarpare le ali a Taylor, adagiata su un format ben rodato che le fa evitare troppe sperimentazioni. E poi, se è vero che tutte le tracce sono molto buone nessuna risulta davvero memorabile. 

In attesa di partecipare a una data live del tour più celebrato di sempre, comunque un piacevole interludio.

Taylor Swift - The Tortured Poets Department
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Milanese trapiantata a Parigi, fra filosofia e diritto, le mie giornate sono scandite dalla musica. Amo la Francia, il mare e il jazz. I miei gruppo preferiti ? I Beatles, i Radiohead, gli Interpol e gli Strokes.

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