The Magnetic Fields – 50 Song Memoir.
“Sono Stephin Merritt e questa è la mia autobiografia in 50 canzoni, una per ogni anno della mia vita. Gli argomenti sono quasi sempre l’amore e la musica, per cui non impegnatevi troppo a cercare un filo conduttore e se le cose si addolciscono andando verso i 50, è la vita.”
I Magnetic Fields sono Stephin Merritt. E viceversa
La breve nota sul retro del cofanetto di 50 Song Memoir spiega davvero tutto. Merritt è l’anima, la mente, il cuore, gli strumenti (al 90%) e le manie (al 100%) dell’entità chiamata The Magnetic Fields.
Il capolavoro del (falso) gruppo fu, nel 1999, 69 Love Songs, che in origine avrebbe ospitare 100 canzoni. Poi, dato l’argomento, si preferì un numero più… ammiccante. In seguito, il ritorno agli album singoli si dimostrò poco congeniale al musicista newyokese che nello stretto dei 10-12 pezzi sembra trovarsi a poco agio e tende a fare lo strano di poco costrutto. Un fondista della discografia, insomma.
The Magnetic Fields – 50 Song Memoir: un album come una serie televisiva in 5 parti
Ecco dunque che l’arrivo del quintuplo 50 Song Memoir, anziché preoccupare (come sarebbe accaduto per quasi qualsiasi altro musicista), aveva rinfocolato le speranze di un nuovo grande disco. E così è stato.
Si va dal 1966 al 2015. I cinquanta titoli sono divisi in cinque cd, come puntate di una serie tv in cinque stagioni. Il repertorio di suoni, situazioni, stili è inevitabilmente vario, ma senza troppi estremismi. Si viaggia lungo gli anni fra serietà e gioco, esotismo e modernariato, glockenspiel e drum machine. Oltre a un’infinità di tastiere elettroniche, alcune dai nomi del tutto improbabili.
50 Song Memoir mantiene un livello qualitativo uniformemente alto
Il giudizio sui singoli pezzi è certamente soggettivo e ognuno ne troverò un bel numero a cui affezionarsi. Indiscutibile invece il fatto che nessuno abbia i connotati del riempitivo o del pretesto simpatico e tutti siano strutturati con attenzione e amore artigiano.
Il secondo cd (1976-1985) è il più divertente, visto che racconta esordi (The Blizzard Of ’78), dubbi (Rock’n’Roll Will Ruin Your Life) e passioni musicali (Foxx And I) del giovane Merritt. Il quarto è il più pensoso, persino troppo, forse in sintonia con periodi non troppo felici.
I testi vanno di pari passo con la musica, alternando ironia e struggimento e, nei momenti migliori, fondendoli senza sforzo. Altro esempio di fusion naturale è rappresentato dalla voce, un po’ sottotraccia e un po’ stentorea. Alla fine il risultato è più confidenziale che monumentale.
Divertendo commuove, commuovendo diverte. Cosa volere di più da 50 Song Memoir? Facile: il sesto cd fra 10 anni.
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