4AD

L’atteso ritorno dei The National.

L’estate parigina si è aperta lo scorso giugno con l’annuncio a sorpresa del concerto dei The National al Centquatre, nuova sala ricavata da un vecchio macello abbandonato fra il 18° e 19° arrondissement della capitale francese.

 

The National @ Centquatre

Ero presente all’evento e ho quindi potuto ascoltare in anteprima le dodici tracce che compongono l’album. Sono uscita un po’ scettica dal concerto, ripromettendomi di ascoltare al meglio l’album una volta disponibile.  Nonostante qualche piccolo aggiustamento, posso ora affermare che il mio giudizio risulta il medesimo, quindi un poco ambivalente.

Un album dall’andamento altalenante

Se da un lato le musiche, soprattutto grazie all’apporto essenziale dei fratelli Aaron e Bryce Dressner, apprezzati anche in altre collaborazioni, e che contribuiscono in maniera determinante al sound imponente, a tratti barocco e sempre suadente delle melodie, risultano sempre di altissimo livello, i testi di Sleep Well Beast, per la penna di Matt Berninger (coadiuvato dalla moglie Carine), risultano a tratti troppo oscuri e a tratti fin troppo semplici per riuscire nell’intento dichiarato. Che è quello di dare un ampio affresco di questo squarcio di millennio fra decadenza politica e incomprensioni nei rapporti di coppia.

Musica e voce sempre eccellenti

Sempre bellissima, la voce baritonale di Berninger si mostra all’altezza della situazione e risolve molte incongruenze specie su disco. Mentre durante il live parigino, con le canzoni in fase di rodaggio, dava ancora l’impressione di una certa concitazione.

Veniamo alle tracce. Fra le più belle sicuramente Empire Line.  Con il suo mélange riuscito di sonorità elettroniche e acustiche a cadenzare il ritmo per accompagnare la voce di Berninger, la cui penna pare in questo caso particolarmente felice. “You’ve been sleeping for miles/ So what did you see? /Here the sky’s been falling white flowers / And there’s ice in all the trees/ I’ve been tapping the table/ I’ve been hoping to drink /There’s a line that goes all the way from my childhood to you” canta Matt, usando la metafora della distanza tracciata dalla linea ferroviaria NYC – Albany (l’Empire Line, appunto) per raccontare della distanza fra due amanti di una coppia in crisi.

Altrettanto belle Dark Side of the Gym e Carin at the Liquor Store.  La seconda è un omaggio alla moglie Carin, con la sua meravigliosa introduzione di tastiere a cui su aggiunge la voce di Berninger, roca e malinconica, e poi la chitarra e la batteria. Uno dei pezzi più riusciti della band, di sempre.  Altre tracce risultano meno felici, a causa di un andamento un po’ troppo caotico, come Day I Die e Turtleneck.  O la traccia con cui l’album è stato annunciato, The System Only Dream in Total Darkness, che nonostante i buoni propositi, paga un testo un po’ retorico. Nel complesso un’opera  di grande livello, per un gruppo che delude raramente, ma non il loro migliore prodotto.

The National - Sleep Well Beast
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