Ty Segall: un ritorno all’acustico con Hello, Hi
Un anno dopo la prova (così così) di Harmonizer, torno il biondo californiano Ty Segall e, quale degno erede dei colpi a sorpresa del Crazy Horse canadese (uno dei suoi padri putativi), questa volta sforna con Hello, Hi (Drag City) u’opera quasi interamente acustica e intima.
Niente fuzzosità varie, niente riffoni elettrici (o meglio con il contagocce, solo nella titletrack), ma chitarre acustiche quindi su tutto, con impasti vocali di altissimo livello, ritmi sedati e un impianto melodico al solito di grandissima levatura.
L’uno-due iniziale (Good Morning e Contact) ci porta dalle parti del David Crosby di If I Could Only Remember My Name, atmosfera sognante suoni aperti e distesi, a marcare sin da subito la sostanziale cifra stilistica di questa prova.
La coinvolgente pacatezza di Hello, Hi
Disco di buon livello e, cosa più importante, sostenuto da una reale ispirazione; la sensazione è che Segall avesse veramente il bisogno di comunicare ai suoi fans, accantonando il suo caro psycho rock carico di elettricità, per accomodarsi in poltrona e invitarci nel suo salotto della casa accanto al fuoco a ascoltare le sue nuove idee.
Ci sono parecchi episodi notevoli: la ballad rotolante di Over (con i Wilco alla finestra), l’unica scarica di elettricità di Hello Hi, riffone che pesta e melodia celestiale, il placido volo di Looking at You, i piccoli rintocchi elettrici del Crosby apocrifo di Saturdaypt. 2, l’ariosa e meravigliosa chiusura di Distraction, che riesce a mischiare in una combinazione irresistibile west coast sound e Pink Floyd.
Buonissima prova quindi, disco che cresce ad ogni ascolto e da ascoltare con attenzione, per cogliere i piccoli particolari che quel geniaccio di Segall riesce ad inserire in composizioni all’apparenza scarne e semplici; è un bel talento ‘sto ragazzo, poco da dire.
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