Recensione: Ty Segall – HarmonizerDrag City - 2021

L’instancabile Ty Segall e il nuovo Harmonizer.

Ty Segall con le mani in mano fa veramente fatica a stare; il musicista californiano ad appena 34 anni vanta già una decina di album a proprio nome, più altre svariate produzioni con collaborazioni varie e con il gruppo dei Fuzz. Infatti, Harmonizer non è stato nemmeno annunciato ma è piombato all’improvviso a inizio agosto sulle piattaforme digitali e verrà messo in vendita in formato fisico nel mese di ottobre.

Recensione: Ty Segall – Harmonizer
Drag City – 2021

Registrato nei personali Harmonizer Studios di Topanga, California, da cui prende il titolo, il nuovo lavoro vede Ty affiancato dai fidi Mikal Cronin al basso, Charlese Moothart alla batteria, Emmett Kelly alla chitarra e Ben Boyer alle tastiere e fa seguito al fortunato First Taste (2019) e, soprattutto, al mirabile concentrato di fantasia e sorprese che era lo splendido Freedom’s Goblin del 2018. Harmonizer si inserisce nella scia sonora di questi lavori, riproponendo uno psycho rock con parecchi inserti di fuzz guitar e riffoni heavy; una formula che regge benissimo quando l’ispirazione è viva e pulsa sotto la coltre di sonora, ma che presenta notevoli margini di rischio perché basta poco per scivolare nella noia o nel già sentito.

Ispirazione solo a lampi

In questo lavoro, diciamolo subito, la magia di Freedom’s Goblin, si intravede solo a tratti, in singoli episodi, mentre altre tracce sono assai appesantite da massicci riff stile hard anni 70, che appiattiscono il suono e non sono soprattutto sostenuti da una genuina ispirazione che li inserisca in un tessuto melodico all’altezza del talento di Segall. Le cose migliori sono Pictures, strutturata in due parti distinte, una prima tirata e nervosa con riff che strilla urgenza, su un tappeto di distorsioni, la seconda più aperte e pacata che si apre all’improvviso dopo una coda percussiva, che riprende lo stesso riff della prima parte, ma lo ripulisce dalle asperità e lo inserisce su una struttura di ballad, sempre comunque tra distorsioni e lampi elettronici.

 

Spicca anche la successiva Ride, una struttura alla Pixies, giro melodico iniziale e coda più intensa e rumorista, con un massiccio uso di sonorità elettroniche scandite su una batteria monocorde. Non male anche i Black Sabbath rivisitati di Waxman, chitarrone avvolgente, ritmi tribali, atmosfere scure e malate, così come la chiusura nervosa e sghemba di Changing Contours, dove un acuto e implacabile riff si inserisce su una marziale base ritmica.

Ty Segall già pensa al seguito di Harmonizer

Grazie a questi episodi il disco raggiunge la sufficienza, ma come detto quello che manca è la varietà e il pop (ma sì diciamolo!) che rendevano la musica di Ty Segall qualcosa di unico e inimitabile, mentre Harmonizer appare meno fantasioso e particolare, appiattito su un mood e una sonorità troppo uniforme, che toglie stupore e sorpresa all’ascolto. Ma siamo certi che il talento di Segall si manifesterà di nuovo per intero alla prossima prova, che per quel poco che possiamo conoscere l’artista di Laguna Beach, arriverà nel giro di qualche mese.

Ty Segall – Harmonizer
6,5 Voto Redattore
0 Voto Utenti (0 voti)
Cosa ne dice la gente... Dai il tuo voto all'album!
Sort by:

Be the first to leave a review.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Show more
{{ pageNumber+1 }}
Dai il tuo voto all'album!

print

Classe 1965, bolzanino di nascita, vive a Firenze dal 1985; è convinto che la migliore occupazione per l’uomo sia comprare ed ascoltare dischi; ritiene che Rolling Stones, Frank Zappa, Steely Dan, Miles Davis, Charlie Mingus e Thelonious Monk siano comunque ragioni sufficienti per vivere.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.