Suicideboys - Long Term Effects Of SUFFERINGG*59 - 2021

Il duo Suicideboys torna con Long Term Effects Of SUFFERING.

Lo scorso anno la prova solista di Scrim aka Budd Dwyer, A Man Rose from the Dead, lasciava presagire per il ritorno dei Suicideboys (o $uicideboy$) un suono più quieto e placato: Long Term Effects Of SUFFERING mostra invece che Scott Arceneaux / Scrim e suo cugino Aristos / Ruby da Cherry (entrambi impiegano un’abbondanza di pseudonimi) proseguono il cammino tracciato in un flusso di singoli, EP e LP che ne hanno consolidato la fama nell’ultima decade.

Non sono più il duo underground delle origini, nel senso che è difficile considerare tale un progetto seguito da milioni di fans in giro per il mondo. Tuttavia i Suicideboys riescono ancora a essere tali se si considera che sono riusciti a ottenere questo risultato con la musica e i concerti in modo indipendente, da SoundCloud all’etichetta G*59 Records da loro stessi creata, senza alcun sopporto dei media mainstream che li hanno costantemente ignorati (sebbene con quest’ultimo disco sembra che qualcosa stia cambiando).

Una formula ormai consolidata

Long Term Effects Of SUFFERING dovrebbe piacere ai fans storici dei Suicideboys perché gli elementi della loro storia sono tutti presenti. Il debito con la Three 6 Mafia (nonostante la causa legale che li ha opposti a membri della band per questioni di diritti sui samples) e in generale con la scena del Southern rap, i samples della Three 6 Mafia più quelli pescati dal loro stesso passato, i titoli lunghissimi(un premio a If Self-Destruction Was An Olympic Event, I’d Be Tonya Harding: il nome della pattinatrice accusata di aver ordinato l’aggressione di una collega), la brevità del LP (qui siamo poco oltre la mezz’ora) il tema centrale della sofferenza e del suicidio (quello che in larga parte tiene lontana la critica; lo pseudonimo Budd Dwyer rinvia al politico che si sparò in bocca davanti a giornalisti e in diretta tv dopo aver convocato una conferenza stampa) oltre che quelle delle relazioni personali e del successo.

 

Ci sono piccole variazioni nel canone Suicideboys che si sono alternate negli anni, ma sostanzialmente il duo gioca con una formula ormai consolidata, che a volte sfiora il tono corale del rap sudista, a volte l’emo, a volte, anzi spesso, ha una dimensione gotica e ripetitiva, fatta di ritmi lenti e di note malinconiche, sulle quali si posa il flow laconico dei due.

Difficile dare un seguito al disco precedente

È una forma che i Suicideboys ripetono anche su Long Term Effects Of SUFFERING, e tuttavia il vero problema del disco, se così si può dire giacché è molto buono, sta nel dover dare un seguito a Stop Staring At The Shadows, che distillava il loro marchio di fabbrica con un’operazione pressoché perfetta. Detto questo, anche il nuovo disco non manca di carica e di ottimi momenti: Life Is But A Stream, Lighting The Flames Of My Own Personal Hell, Ugliest, la conclusiva The Number You Have Dialed Is Not In Service su tutti, ma ovviamente queste sono valutazioni personali. Nel complesso Long Term Effects Of SUFFERING non sposta le cose per i Suicideboys, ancora in ottima forma e in grado di produrre materiale che farà felici i fan pur senza avvertire l’esigenza di innovare (per ora?) rispetto a un canone che loro stessi hanno creato.

Suicideboys - Long Term Effects Of SUFFERING
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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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