Pressure Machine: il disco ‘springsteeniano’ dei The Killers
Non sono mai stato un fan dei Killers: li ho trovati spesso derivativi o troppo melodrammatici [anche Tomtomrock non sempre li ha apprezzati , v. la recensione del precedente Imploding The Mirage, ndr] . Pressure Machine suona invece particolarmente ispirato e convincente. Il cantante Brandon Flowers è tornato nella sua cittadina di origine (Nephi, Utah) e ha scritto la sua “Antologia di Spoon River”: ogni canzone è ispirata a persone, fatti e ambienti del suo passato fra i 10 e i 16 anni, oltre a essere introdotta da voci di persone del luogo. Certo, fin dalla copertina aleggia palesemente il discone Nebraska di Bruce Springsteen (Terrible Thing, Desperate Things e Runaway Horses sembrano outtakes, con quell’effetto sulla voce), ma tutto il disco si fa ascoltare con gusto e piacere, un pezzo dopo l’altro. E questa è una cosa sempre più rara.
L’apripista West Hills è particolarmente drammatica ed evocativa, una prison ballad che richiama Johnny Cash e Nick Cave con la liricità degli U2 di Joshua Tree. Quiet Town è stata scelta come primo singolo e ricorda il migliore John Cougar Mellencamp (quello di Smalltown, giustappunto): una disgrazia spezza l’idillio di una cittadina apparentemente ‘quieta’ e serena dove “le famiglie sono unite e la gente non chiude la porta a chiave la notte”. Tutto il disco alterna pezzi “drammatici” (degni di John Prine e, come detto, del Boss più crepuscolare) ad altri più pop e “andanti” ma mai glamour, sempre un pochino dolenti e malinconici: In Another Life riporta alla mente i migliori Cars, mentre In The Car Outside sfoggia sonorità da primi New Order, per dire.
I testi di Pressure Machine
Tutti i pezzi hanno testi molto significativi e spesso sofferti. Terrible Thing ritrae un adolescente gay che medita il suicidio nella sua cameretta, mentre nella murder ballad Desperate Things un poliziotto si innamora e uccide il responsabile di un abuso, perché “quando sei innamorato puoi farti accecare dal tuo stesso cuore, e quando le persone innamorate sono abbastanza innamorate da abbandonare i loro sogni quelle persone innamorate fanno cose disperate”. Sleepwalker mette in scena il solito incubo vincente/perdente dell’americano medio: “Tutti hanno paura di perdere, anche chi vince sempre”. Altrove albergano classici dubbi esistenziali: “E’ questa la vita che ti sei scelto o è solo quella che è ti è capitata?” (In Another Life); “Chi ci porterà via da qui? Stiamo tutti ad aspettare un miracolo” (Cody).
La finale The Getting By chiude il disco con un violino struggente e con parole di affetto e speranza per le persone qualunque e per il valore del loro tran tran apparentemente inutile (“Niente di buono sembra uscire da tutto questo lavoro”). Eppure bisogna insistere finché questo “tirare avanti” non diventerà una bella cosa.
Sarà nella mia Top Ten del 2021.
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