As I Try Not To Fall Apart, sesto album per una “tribute band”?
Per la prima volta, su TomTomRock, parliamo dei White Lies. Perché non lo abbiamo fatto prima? La band londinese giunge al sesto album in studio e si conferma come una solida realtà in un ambito di cui sappiamo già quasi tutto. Forse non ne abbiamo ancora parlato perché non c’è molto da aggiungere rispetto a quanto già detto sui fratellini d’oltremanica: Editors o Interpol, tra gli altri. I White Lies sono oggi tra i maggiori, e migliori, interpreti di un genere che più che chiamare post-qualcosa si potrebbe definire più coraggiosamente “revival”. I riferimenti sono chiari e onestamente impliciti: Joy Division, Echo & The Bunnyman, Ultravox, a tratti Depeche Mode o The Sound, siamo sempre in questo ambito che, a quanto pare, non dà cenni di stanchezza.
White Lies: breve storia
La band si forma ufficialmente a Ealing (Londra) nel 2009, dopo essersi fatta notare qualche anno prima come Fear Of Flying. Il frontman, Harry McVeigh, ha capitanato egregiamente il tutto dall’inizio. Il primo album, To Lose My Life, è un successo immediato e svetta al primo posto nelle chart inglesi. A seguire gli altri quattro lavori mostrano una band seduta sugli allori, che porta avanti un discorso già sentito. Il merito e la differenza stanno nella “maniera” in cui i White Lies offrono il loro prodotto. Il manierismo citazionistico dei White Lies ha la caratteristica di sfiorare la perfezione in ogni brano, che ricorda sempre qualcosa o qualcuno del passato, ma che tecnicamente non fa una piega. In altre parole. poche band come i White Lies hanno fatto tesoro dei fantastici Eighties.
Le nuove canzoni
As I Try Not To Fall Apart (Pias) si apre con tre brani che non aggiungono niente al White Lies Style a cui siamo abituati (e questo per qualcuno può essere un merito). Procedendo, tra le dieci tracce che compongono l’ultima fatica della band qualche novità, o meglio qualche nuovo “influencer”, lo si trova piacevolmente. Ecco quindi che in Roll December si scorge una malcelata stima per il David Bowie di Scary Monsters e in Step Outside i Franz Ferdinand fanno sentire piacevolmente la loro influenza. Sul finire arriva il momento migliore del disco: si tratta di Blue Drift che se anche vi ricorderà i Simple Minds dei tempi migliori vale la pena.
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