Stromae, star degli anni ’00, ritorna con Multitude.
Paul Von Haver, in arte Stromae, ha realizzato negli anni ‘00 un successo davvero inedito, unico, a partire soprattutto da un singolo, Alors On Dance, poi uscito su un primo disco di euro-electro-pop, Cheese (2010), e poi centuplicato dal suo LP del 2013, Racine Carrée. Parlo di un successo unico perché lo ha lanciato come una star globale, consentendogli di parlare a un pubblico che va dagli Stati Uniti all’Africa. Non male davvero per un giovane belga che canta in francese. Dopo l’uscita del disco un tour mondiale, ma poi un silenzio quasi totale, interrotto da poche apparizioni, come quella accanto all’amico Orelsan nel singolo La Pluie del 2017. Il silenzio si interrompe adesso con Multitude (Mosaert / Polydor).
Che cosa ha fatto Stromae fra Racine Carrée e Multitude?
In primo luogo, l’abbiamo detto, è stato in tour. Un tour lunghissimo che l’ha portato sui palcoscenici di tutto il globo. In Africa, tuttavia, la prevenzione antimalarica gli ha provocato una grave reazione e, anche dopo essersi ripreso, Stromae è caduto in depressione: ne parla a tratti in Multitude, e il tema è centrale nel singolo L’Enfer. D’altra parte, non ne aveva fatto mistero in qualche rara intervista rilasciata in questi ultimi anni. Per fortuna, non c’è solo questo, perché l’artista si è sposato e ha avuto un figlio, e anche di questo si parla, ossia delle gioie e delle difficoltà della genitorialità, nella scatologica C’est Que du Bonheur.
Diciamo subito che il miracolo Racine Carrée non si ripete, non perché con Multitude Stromae non ha realizzato un ottimo disco, ma perché si tratta di un disco decisamente meno ricco di hit immediate; in realtà nel disco del 2013 quasi ogni pezzo lo era. Qui il momento centrale è L’Enfer, un brano che come detto parla di depressione e di pensieri suicidi, con un dipanarsi lento attraversato da brividi elettronici. Certamente la prima canzone uscita, la bella Santé, è quella che come stile più si riallaccia al passato: Stromae celebra gli umili, come gli è capitato di fare più volte in passato, con un testo scritto con la consueta grazie.
I testi
Le parole, in una cornice meno scintillante che in passato, assumono evidentemente maggiore importanza. Da Fils de Joie, dove il titolo gioca con l’espessione “fille de joie”, che significa “prostituta”, e ponendolo al maschile racconta i punti di vista intorno alla professione, a partire da quello di un figlio; a ciò che distingue una buona e una cattiva giornata (Mauvaise journée e Bonne journée), la seconda scritta con Orelsan, che concludono il disco; all’iniziale Invaincu, nella quale rappa sulla necessità di trionfare sulle disgrazie, in particolare sulle malattie, che hanno colpito lui e la sua famiglia; La Solassitude, crasi fra “solitude” e “lassitude” (Le célibat me fait souffrir de solitude / La vie de couple me fait souffrir de lassitude: la vita da single mi fa soffrire di solitudine / la vita di coppia mi fa soffrire di sfinimento).
La musica
Dal punto musicale, Multitude è forte di una strumentazione fatta di percussioni, nella quale però gli archi (a partire da quelli dell’Orchestra nazionale del Belgio, ma i nomi sono tantissimi) hanno un ruolo fondamentale. A questi si aggiungono strumenti insoliti pe la nostra tradizione, come l’erhu, strumento cinese a due corde qui suonato da Guo Gan. In effetti, la “moltitudine” del titolo potrebbe rinviare sia ai tanti punti di vista che Stromae mette in scena nei suoi testi, sia alle tradizioni musicali alle quali si richiama, soprattutto ai languidi ritmi dell’afro-pop e ancor più della musica folclorica sudamericana. Risultato dei viaggi compiuti e amati sin dall’infanzia, nonché dalla sua origine: Bruxelles è una delle città più multiculturali d’Europa.
La voce
Ultimo tassello la voce, inconfondibile, che molto deve al grandissimo conterraneo Jacques Brel, declinato evidentemente per generazioni che magari non l’hanno mai ascoltato, se non casualmente. La forza di Stromae sta in questo suo saper prendere il meglio da tanti scenari diversi, aggiungendo una bella dose di originalità. Difficile dire se Multitude avrà lo stesso successo di Racine Carrée, ma ascoltandolo pare quasi che quel successo sia stato troppo persino per il suo autore, che qui ritroviamo in una modalità più intimista, ma con la stessa, inalterata classe.
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