1976: il punk in Italia significa Re Nudo
Siamo alla terza puntata della rubrica dedicata al punk in Italia a cura di Massimo Pirotta. Dopo un’introduzione all’avvento del movimento punk su scala internazionale e dopo un preludio sulla controcultura in Italia, eccoci a parlare del 1976. Mentre i Sex Pistols suonavano al Marquee e cominciavano a guadagnarsi un seguito…
Re Nudo al Parco Lambro
Nel ’76 al Parco Lambro di Milano si tiene la sesta Festa del proletariato giovanile (è la terza nella metropoli), organizzata come al solito da Re Nudo. Il pubblico arriva numerosissimo: i presenti sono oltre 100mila. C’è un biglietto da pagare (che quasi nessuno paga…). Mentre le quattro precedenti edizioni sono “filate lisce”, già in quella dell’anno prima si sente che qualcosa si è incrinato. Il Comune concede lo spazio (periferico) ma nessun servizio (ad es. niente bagni). Il parco è un parco per modo di dire. Sono diversi metri quadrati con più terriccio che manto erboso.
Gli organizzatori, oltre a non riuscire a gestire l’enorme afflusso di pubblico, si trovano ad avere a che fare con nuovi soggetti sociali che entrano in scena. Sono il popolo delle periferie, condannato alla noia continua. Le sacche sottoproletarie non sono necessariamente politicizzate e tutto è più difficile. Se poi si mette anche a piovere, governo ladro! Tutto suona come un triste presagio. Circolano in abbondanza droghe pesanti (il servizio d’ordine è a caccia di spacciatori, ma a farne le spese e ad essere malmenati sono anche “imballati” tossicodipendenti).
Tutti contro tutti: l’essenza del punk in Italia?
Un gruppo di autonomi tenta l’esproprio proletario in un vicino supermercato e viene intercettato dalle forze dell’ordine. Che non stazionano nel parco, ma sono sparse un po’ ovunque nelle vie adiacenti. Altri deliri interni: alcuni sbeffeggiano le femministe, altri ribaltano il banchetto delle organizzazioni degli omosessuali. Si instaura una specie di tutti contro tutti. “Gran finale” incluso: il famoso assalto al camioncino dei polli surgelati. Presi a calci come in una partita di pallone. Tutte “istantanee” che vengono vissute dalla maggioranza come la fine di un sogno. Infatti sono giornate da incubo.
Ma a guardar bene, sono gli antipaticissimi preliminari di una nuova stagione profondamente conflittuale (e in seguito, messa a tacere) che è alle porte. Dove solitudine e rabbia tenute troppo dentro possono avere la meglio sul collettivo e sulle moltitudini. Parco Lambro: zona illusoriamente liberata o una riserva indiana? L’unico che si prende la briga di riprendere tutto è il compianto regista Alberto Grifi.
Numerosi sono gli artisti che partecipano alle varie edizioni dei festival di “Re Nudo”: Giorgio Gaber, Eugenio Finardi, Don Cherry, Franco Battiato, Alberto Camerini, Area, Stormy Six, Claudio Rocchi, Ivan Cattaneo (sbeffeggiato nell’edizione ’74), Canzoniere del Lazio, ecc. Un’altra anomalia: non presenzia mai Fabrizio De André.
Re Nudo e la controcultura in Italia
Re Nudo è la più qualificata rivista di contro-cultura in Italia. Il primo numero esce nel dicembre ’70 e sin dall’inizio è un mensile dove si trovano pagine molto diverse tra loro. Dedicate a Timothy Leary, alle Black Panthers, alla psichedelia, ai viaggi in India, ai provos olandesi. Trova spazio, persino, uno dei primi comunicati di rivendicazione delle Brigate Rosse di uno dei primi loro attentati incendiari.
Nella sua linea editoriale, Re Nudo più che certezze ideologiche teorizza nuove forme di vita collettiva. Sebbene non immune da contraddizioni, rimane un punto fermo per una generazione di ribelli che scopre che “il personale è politico” (e si accoda, si mette in fila, dietro il movimento femminista che per primo critica un certo modo di fare politica). E scopre, libero da rigidità e neo-bigottismi, che oltre alla tarantella si può ballare anche il rock.
Nel ’76 Lotta Continua, l’organizzazione con più aderenti della sinistra rivoluzionaria va a congresso. A Rimini, vengono ai ferri corti femministe e i più giovani da una parte e alcuni settori operai e il servizio d’ordine dall’altra. I dirigenti decidono per la fine di questa esperienza. Mentre il giornale continua ad uscire con l’intento di essere una finestra aperta sugli stati d’animo e le animosità del movimento. Sono significative, più che la prima pagina o l’editoriale, le lettere dei lettori inviate al quotidiano. Ancora oggi da rileggere per comprendere meglio un’epoca.
(continua…)