springsteen roma

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Il nostro John Vignola va a un concerto del Boss e ne resta ammaliato

“Solo chi non ha mai assistito a un concerto di Bruce Springsteen può immaginarlo noioso. L’esempio più lampante arriva dal concerto del 16 luglio al Circo Massimo. Tre ore e 55 minuti di musica; sembra impossibile eppure è andata così. Bruce ha messo insieme il suo canzoniere e quello altrui davanti a una folla sicuramente ben disposta, ma ha mostrato un’energia, una capacità di flirtare con l’immaginario e lo storytelling del rock che non ha rivali oggi e, forse, non li ha mai avuti. Si fa presto a dire che le sue canzoni hanno alti e bassi, che è sopravvalutato, che è inferiore a Dylan, che la sua voce a volte si spezza e non si riaggiusta, che la E Street Band non è formata da grandi strumentisti;  il vero punto indubitabile è che ieri sera il Boss ha fatto il miracolo: un sessantasettenne che tiene il palco raccontando la gioia, l’amarezza e lo spessore del rock’n’roll e che si destreggia in modo esemplare fra gli spettri di Tom Joad, l’acuminato realismo di The River e i deliri urbani di Jungleland. Poi c’è il repertorio altrui: canzoni come Summertime Blues o Shout, con cui chiude il set fingendo di morire, o un classico blues, soul e rock’n’roll quale Boom Boom di John Lee Hooker, suonato con grinta da ventenne dicono che Bruce Springsteen è il più rilevante rocker ancora vivente. E’ un fatto se non oggettivo, comunque testimoniato da tutti coloro che erano al concerto senza essere fan: nessuno è tornato a casa scontento, tutti hanno capito che la forza di questo fuggitivo che comincia a correre nel New Jersey è l’essenza del rock, la stessa che hanno perso per strada i Rolling Stones, che dal vivo sono solo rappresentazione. Springsteen incendia il cuore e le menti anche di chi, come il sottoscritto, non lo ama allo spasimo, perché ricorda a tutti che il rock è furore e chitarre elettriche, sudore e identità (anche quando cita i “fratelli di Nizza”); nelle storie da lui cantate in concerto tutti questi elementi sfavillano come sui suoi dischi a volte non accade. Se poi la senilità è il prezzo da pagare per intercettare oggi i ventenni he non si accontentano dell’hit da classifica tanto meglio: l’aplomb di Max Weinberg, vestito di tutto punto che non si slaccia la cravatta neppure per un attimo, nonostante faccia quasi a pezzi lo strumento, vale più di tante parole. Il rock’n’roll invecchia bene e si chiama Bruce Springsteen.”

P.S. Volete l’unica nota stonata? Patti Scialfa che fa l’occhiolino alle macchine da presa è improponibile. 

httpv://www.youtube.com/watch?v=b4QVU2s2n5g

Thunder Road

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