Neil Young Peace Trail recensioneWarner Music - 2016
Neil Young Peace Trail recensione
Warner Music – 2016

Eccolo qui, in pieno dicembre, il secondo disco del 2016 di Neil Young,  giusto in tempo per non entrare nelle  classifiche dei migliori dischi dell’anno. Earth, il doppio dal vivo con i bizzarri inserimenti di rumori vari e versi di animali era già strano, ma tutto sommato riproponeva la solita energia live del canadese, anche se invece dei Crazy Horse c’erano i nuovi compagni Promise Of  The Real.

Ancora una volta Neil Young cambia compagni di viaggio

Avremmo potuto immaginare che questi ultimi, giovani, compagni di viaggio sarebbero stati ancora con Young. Invece in Peace Trail ci sono un bassista ‘inedito’, Paul Bushnell, proveniente dalla band di Micah P. Hinson,  e il noto session man Jim Keltner alla batteria. Il disco è sostanzialmente acustico, con qualche sprazzo acido dell’elettrica, mentre è l’armonica a venire usata con alti livelli di distorsione. Le canzoni, nella compatta dimensione del trio, sono tanto spoglie quanto gradevoli e i temi sono quelli che ci si aspetta: l’ecologia, i nativi americani, i personaggi che si battono per l’ambiente e  l’età, con i suoi problemi. Can’t Stop Workin’, per esempio, propone un ritratto piuttosto  autocritico: ‘non posso smettere di lavorare’, canta Neil ,  ‘fa male al corpo ma bene alla mente’.

Il vocoder in un album acustico? Mah…

La vera sorpresa, negativa ma al passo con i tempi,  è l’uso del vocoder, piuttosto limitato ma presente. In My Pledge è l’alter ego vocale con cui Young duetta, mentre nella conclusiva My New Robot (nel cui testo appare anche “amazon dot com”) arriva a fine brano assieme a voci neutre di annunciatori pubblicitari… Non se ne sentiva il bisogno, però in fondo, ben prima di Bon Iver o dei Lambchop di Kurt Wagner, Young aveva usato il marchingegno per il tanto criticato Trans, e gli  attrezzi elettronici in suo possesso, malauguratamente, funzionano ancora!

 
Neil Young - Peace Trail | Recensione Album
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Recensore di periferia. Istigato da un juke-box nel bar di famiglia, si cala nel mondo della musica a peso morto. Ma decide di scriverne  solo da grande, convinto da metaforici e amichevoli calci nel culo.

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