Richard Dawson - Peasant recensioneWeird World / Domino - 2017

Peasant, ovvero Richard Dawson diventa ‘accessibile’.

Richard Dawson - Peasant recensione
Weird World / Domino – 2017

Conosci i Forest e i Comus, non temi i Current 93, sei corso a comprare la ristampa di Bright Phoebus di Mike & Lal Waterson.  Insomma, il weird folk britannico per te è roba tanto fosca quanto acquisita, persino rassicurante a suo modo.  Poi arriva Richard Dawson e alza la posta anche per un presunto esperto del settore. Anzi, dato il fisico, la allarga.

I foschi temi di Peasant

E pensare che Peasant è considerato il più accessibile degli album da lui incisi. Si tratta, a detta dell’autore,  di un album a tema. E’ ambientato,  più o meno, fra il V e VII secolo d.C. in un nord-est inglese che, ormai quasi dimentico dell’Impero Romano, affonda nel degrado e nella paura, nel fango e nell’urina.

Se il tema è corposo, la trattazione lo è ancora di più. Brani  lunghi ed errabondi, talora dissonanti, talora sconnessi ritmicamente, con la chitarra dalle corde di nylon di Dawson che sembra essere accordata un po’ così e la voce che non può fare a meno di andare in falsetto ogni paio di minuti (e dire che nell’ultimo anno il nostro è andato a scuola di canto). Poi ci sono i ritmi tra il marziale e l’orgiastico e i cori da chiesa di qualche culto delirante.

Ci vuole un po’ per assimilare Richard Dawson

Il risultato finale lascia sbigottiti oppure sfiancati. Se si è maldisposti, l’effetto è quello dei Monty Python del Sacro Graal che però si prendono sul serio.  Ci vuole tempo per apprezzare Peasant e per tesaurizzare gli squarci di luce melodica che si aprono qua e là e, proprio per la loro fuggevolezza, risultano ancora più belli.

Il plauso cresce quando ci si rende conto che Dawson non è un voyeur morboso di questo fosco passato con tocchi di presente. No, lui si cala davvero nelle storie che racconta e soprattutto nei personaggi che le raccontano. Non a caso le canzoni hanno tutte nomi di mestieri – incluso l’orco –  e sono tutte in prima persona.   E, sempre non a caso, il musicista di Newcastle solo da poco ha smesso di calarsi tre-quattro pinte di birra prima di ogni concerto.

 

Considerando che in Gran Bretagna Peasant è finito in numerose liste di “Best of 2017” e che Richard Dawson è persino trendy, il prossimo disco potrebbe fare qualche ulteriore concessione quanto ad accessibilità e potrebbe essere davvero grande, oltreché grosso. Ad esempio evitando cose tipo i 10 asperrimi minuti finali di Masseuse. I momenti più ‘fluidi’ come Ogre e Scientist dicono che già qui ci siamo quasi, anche se ci vuole un po’ di abitudine per sentirsi felicemente a disagio in questa musica.

Richard Dawson - Peasant
7,8 Voto Redattore
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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