La vita (davvero) spericolata di Ozzy Osbourne finisce a 76 anni.
Sulla sua pagina Facebook il valente giornalista rock Flavio Brighenti scrive: “E adesso, tutto il mondo in ginocchio per Ozzy. L’ipocrisia vince sempre”.
In effetti Ozzy Osbourne ci ha lasciato ieri in un tripudio di coccodrilli generalisti del tipo “simpatico e un po’ problematico bricconcello”. E meno male che a Uno Mattina c’era il nostro John Vignola se no chissà come sarebbe andata a finire.
È indiscutibile che Ozzy abbia sempre vissuto al limite, anzi abbia inventato limiti nuovi per poi superarli e spettacolarizzarli tutti. Però sotto lo spettacolo c’era anche tanta sofferenza, soprattutto nei primi anni della sua vita a Birmingham: famiglia povera, una violenza sessuale subita, la bullizzazione da parte del compagni di scuola, fra cui un tale Tony Iommi che avrebbe rifrequentato (anzi riffquentrato, scusate la battuta) anni dopo. Lui stesso racconta che avrebbe potuto diventare un teppista o peggio e che lo salvarono i Beatles e in particolare la canzone In My Life (*).
I Black Sabbath
Più in generale si può dire che lo salvò la musica e la creazione quasi ex novo, insieme agli altri tre Black Sabbath, di quel dark sound (termine che poi verrà dimenticato) di cui furono gli esponenti di maggior successo. Il contributo di Ozzy fu decisivo innanziutto per l’immaginario gotico dei testi, che nel tempo diverrà sempre pù fosco fino a debordare nello splatter, come si conviene, peraltro, a una band in cui nome è ripreso dal titolo di un film di Mario Bava. E poi c’è la voce che era sì tirata al limite eppure sapeva stare sulla melodia. Pubblicati fra il 1970 e il 1972 i primi quattro album della band (Black Sabbath, Paranoid, Master Of Reality – forse il loro capolavoro -, Vol, 4) sono fondamentali per la storia del rock tutto e non solo dell’heavy metal, coinvolgenti ed emozionanti nella loro cupezza di fondo.

Poi la storia di Ozzy prende la piega esagerata di cui si diceva e di cui tutti stanno dando ora conto: tante droghe in tanta quantità, specie dopo l’uscita dai Sabbath e il trasferimento a Los Angeles, anni di sostanziale inebetimento con la musica a farne le spese (per non parlare della salute), il baratro più volte sfiorato, il famigerato e leggendario episodio del pipistrello decapitato con un morso. Poi le cose cominciano a girare diversamente dopo il matrimonio con Sharon Grant che lo rimette abbastanza in riga ed ecco, il successo dell’Ozzfest, della serie televisiva The Osbournes insieme a moglie e figli (che vince persino un Emmy), un vendutissimo merchandising di gusto sepolcrale. C’è qualche ricaduta oltre il limite, soprattutto il tentativo di strangolare Sharon, che però lo perdona non si sa se in nome dell’amore o degli affari di famiglia.
L’ultimo periodo
A partire dal 2020 la salute di Ozzy comincia a farsi cagionevole. Quello stesso anno esce l’album Ordinary Man dove si ascoltano un paio di brani (la title track e Straight To Hell) che suonano come un riepilogo, tra il dolente, il divertito e il grottesco, di una vita e di una carriera.
Pochi giorni fa c’è stato il concerto nella natia Birmingham insieme ai quattro Black Sabbath originali con Ozzy seduto sul trono evidentemente per mascherare l’impossibilità a stare in piedi. Qualcuno ha parlato di mossa commerciale un po’ triste, ora sappiamo che Ozzy voleva salutare tutti i suoi fan e, per fortuna, ha fatto in tempo.
(*) per questa info e altre sparse nel testo si ringrazia il summenzionato John Vignola.
