Little Richard

Il documentario di Lisa Cortes, Little Richard: I Am Everything, segue di poco Little Richard: King and Queen of Rock’n’Roll.

A tre anni dalla scomparsa del vero King of Rock’n’Roll, questo Little Richard: I Am Everything è il secondo documentario a lui dedicato. Entrambi raccontano di una carriera straordinaria che, tragicamente, mai ottenne il suo giusto riconoscimento. Se però il precedente (Little Richard: King and Queen of Rock’n’Roll di James House) mette a fuoco le contraddizioni della persona, Little Richard: I Am Everything di Lisa Cortes sembra invece avere come obiettivo centrale quello di consacrare il suo soggetto a Queer Icon.

Gli esordi del vero re del rock’n’roll

Nato Richard Wayne Penniman, nella segregatissima Georgia nel 1932, il nostro crebbe a dieta di chiesa e musica gospel. Buttato fuori di casa ancora adolescente a causa della sua omosessualità, Richard si immerse giovanissimo nel mondo degli speakeasy, dove ebbero luogo le sue prime apparizioni in drag (con il nome di Princess LaVonne) e dove strinse amicizie con personaggi della scena proto-gay che sarebbero rimasti punti di riferimento importanti per tutta la vita. Fra questi (pochissimi, ovviamente, i superstiti), la performance artist Sir Lady Java arricchisce il film di piccanti e divertenti aneddoti, offrendo al contempo una preziosa testimonianza dell’atmosfera oppressiva e razzista del profondo sud del tempo, quando essere nero e apertamente omosessuale – parafrasando James Baldwin – era davvero un fare tombola al contrario.

La celebrità e le difficoltà

Ma sono la passione per il gospel e il blues, e in particolare per Sister Rosetta Thorpe, a concentrare tutte le forze del giovanissimo e talentuoso Richard nell’imporsi nel mondo della musica impiegando tutta la sua innata teatralità. Se il suo notevolissimo talento di musicista, compositore e showman nel corso di pochissimi anni gli avrebbero portato un’enorme celebrità, i contratti da lui distrattamente firmati con case discografiche senza scrupoli lo avrebbero invece privato dei guadagni congrui alle sue vendite. Guadagni che sarebbero stati stratosferici al tempo, dato che le sue composizioni vennero rese ancora più popolari da personaggi del calibro di Elvis Presley, Bill Haley e Pat Boone. A quest’ultimo, in particolare, affidato il compito di ‘ripulire’ per un pubblico bianco quell’ode al sesso anale che era Tutti Frutti (Tutti Frutti, Good Booty!), uno dei momenti più divertenti del film.

L’enorme successo, come molti sanno, porta però a una vita di eccessi che Richard racconta con sorprendente candore in una serie di interviste che introducono il periodo più cupo della sua vita. Dopo lunghi anni di abuso e dipendenza da alcool, cocaina e angel dust – così come da comportamenti sessuali senza freni – Richard inizia a temere per la sua vita e a identificare nella religione la sua unica via di scampo: e così, dopo aver fatto abiura del successo e dell’omosessualità, si reinventa come predicatore.

Little Richard merita (almeno) entrambi i documentari

Se fino a questo punto il film è un esilarante caleidoscopio di rarissimi filmati di repertorio, accompagnati da testimonianze di personaggi del calibro di David Bowie, John Waters, Nile Rodgers, Nona Hendryx, Mick Jagger e Billy Porter, così come di una nutrita schiera di queer activists, qui il tono diventa fastidiosamente paternalistico. La crisi religiosa di un personaggio complesso – e del resto cresciuto in un contesto in cui la religione era la colonna portante della comunità nera statunitense – viene infatti presentata come una sorta di difetto caratteriale, quasi indegno di essere esplorato con curiosità ed empatia. La totale esclusione dal film di qualsivoglia affiliato di Richard in questa fase della sua vita (che peraltro, a più riprese, durò a lungo) porta infine tutte le caratteristiche di una sgradevole parrocchialità invertita.

E questo è un vero peccato, perché il film (prodotto dalla CNN!) scorre piacevolissimamente grazie a un montaggio ritmato al punto giusto, ed è impreziosito da filmati di repertorio davvero straordinari. In breve: un film che gli amanti della storia della musica davvero non dovrebbero perdere. Ma un’occhiata la merita anche Little Richard: King and Queen of Rock’n’Roll. In realtà, e a conti fatti, io suggerirei di cominciare da lì…

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Cresciuto con una dieta a base di Bowie, disco e rock'n'roll - primi amori che non si dimenticano. Di questi tempi un po' old skool, ma forse solo per pigrizia: metti su un pezzo di Kendrick Lamar e guarda che fusa ti faccio...

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