Paolo Conte, Via Con Me

Una serata con Paolo Conte: Via Con Me.

Se non l’avete ancor fatto, e mal ve ne incolga, vi resta ancora oggi 30 settembre per precipitarvi al cinema, ché male non fa mai, a vedere Paolo Conte, Via Con Me, docufilm, come si usa dire, ‘su’, ma si vorrebbe dire ‘di’ Paolo Conte, tanti sono i materiali di archivio e di memoria che affollano quest’ora e quaranta di pellicola.

Paolo Conte, Via Con Me

Semplice il pretesto filmico. Una topolino amaranto lungo le vie dell’astigiano, vie di casa di quella provincia italiana fra prima e dopo la Guerra che è lo scenario eterno dell’anima di Conte. Lungo quelle strade bianche, lungo quella storia di vita rotolano ricordi, amici, incontri, squarci di concerti del suo naso triste, e jazz, tanto jazz, quello amato da Conte, quello di “prima della rivoluzione”. Avvocato non distratto, pittore di talento, chansonnier di stile ed eleganza inimitabili, gentiluomo sornione di un tempo scomparso. Conte narra se stesso, racconta con consumato understatement la propria arte e accetta di farsi rappresentare da amici, compagni di strada, ammiratori devoti o semplici beneficati dalla sua magia.

Una trama di omaggi

Commosso il ricordo di Jannacci – secondo Conte il più grande dei cantautori – indimenticabili e stralunati gli stralci di repertorio al Premio Tenco con Benigni – così non si può dire, ahinoi, degli inserti che ritraggono il comico toscano al tempo dell’oggi, in ansia da citazione. E poi Bollani sotto le stelle del jazz. De Gregori, che con Lucio Dalla arrangiò un indimenticabile Gelato Al Limon. Servillo che con finezza mette a fuoco l’anello che lega Conte alla provincia e all’universo. Caterina Caselli e il dolore fragrante e leggero della sua Insieme a Te Non Ci Sto Più. Capossela che tanto gli deve e che molto lo ha capito. Godano dei Marlene Kuntz, con la loro splendida versione di Alle Prese Con Una Verde Milonga. E a sorpresa Isabella Rossellini, che forse più di tutti riesce a cogliere lo strazio che sottintende l’ironica dissimulazione della musica e della vita di Paolo Conte.

Azzurro

Al cuore di tutto Azzurro, con quel tanto di antico e di moderno che è la nota pascoliana e inimitabile di questo inossidabile piemontese, regalata ad Adriano Celentano – per Conte il più grande cantante italiano – ai tempi in cui scriveva solo per gli altri; e ancora Onda su Onda e la voce di Bruno Lauzi, Messico e Nuvole e l’ironia imbambolata di Jannacci: non si finirebbe di elencare e non c’è che da scegliere, perché dalle parole e dalla musica di Paolo Conte passano non solo canzoni, ma frammenti lucenti dell’identità di questo nostro strano Paese, di quel che esso fu e oggi non è più, veri correlativi in immagini, colori e note del cinema felliniano. Ben lo hanno capito i francesi, che proverbialmente “s’incazzano”, ma che con le penetranti impressioni di Patrice Leconte e Jane Birkin gli rendono lucido e devoto omaggio.

Paolo Conte, Via Con Me alla mostra di Venezia

Il lavoro di Giorgio Verdelli, presentato in anteprima alla 77ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e nei cinema, purtroppo, per soli tre giorni, è di onesta artigianalità, mosso da rispetto profondo e si direbbe anche da amore vero per l’oggetto del suo scavo, sostenuto da un lavoro di trivellazione guidata negli archivi dell’astigiano che regala quantità di perle di memoria. Poco aggiunge, ci pare, la presenza, simpatica e dire il vero, di Luca Zingaretti.

 

Correte svelti, di grazia, a vedere Paolo Conte, Via Con Me. Il fantastico a mirabolante Mocambo, con le sue girandole fumose di musica, curaçao e sigarette non c’è più. E non c’è più neppure il Novecento. Ce ne restano però una nostalgia struggente e straziata e, per fortuna, il suo più grande cantore.

Paolo Conte, Via Con Me, regia di Giorgio Verdelli (1 h 40’), SUDOVEST PRODUZIONI – INDIGO FILM, in collaborazione con RAI CINEMA con il sostegno di FILM COMMISSION TORINO PIEMONTE con il sostegno di FILM COMMISSION REGIONE CAMPANIA distribuzione italiana NEXO DIGITAL 

print

Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1984. Clash, Sex Pistols, Who e Bowie fin da subito i grandi amori. Primo concerto visto: Eric Clapton, 5 novembre 1985, ed a seguire migliaia di ascolti: punk, post punk, glam, country rock, i pertugi più oscuri della psichedelia, i freddi meandri del krautrock e del gotico, la suggestione continua dell’american music. Spiccata e coltivata la propensione per l’estremo e finanche per l’informe, selettive e meditate le concessioni al progressive. L’altra metà del cuore è per i manoscritti, la musica antica e l’opera lirica. Tutt’altro che un critico musicale, arriva alla scrittura rock dalla saggistica filologica. Traduce Rimbaud.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.