Nel 1973 i Pink Floyd pubblicano The Dark Side Of The Moon

  1. L’anniversario e quanto ci costa

Il cinquantenario di The Dark Side of the Moon, ottavo album dei Pink Floyd, disco secondo forse solo a Sergeant Pepper’s dei Beatles come importanza iconica nella storia del rock, prevede dalla mezzanotte per tutta la giornata del 24 marzo che cinquanta negozi in tutta Italia attuino un’apertura straordinaria per permettere l’acquisto del nuovo deluxe box set.

A prezzi che variano dai poco più di duecentocinquanta euro di eBay agli oltre trecento di Amazon, la confezione offre cd, dvd, vinili variamente masterizzati oltre a poster, cartoline, libri e altri gadget che difficilmente il compianto Storm Thorgerson dello studio Hipgnosis, quando ideò la celebre copertina del prisma su sfondo nero che si rifrange nei colori del suo spettro, disegnata da George Hardie, si sarebbe aspettato di veder riprodotti, mezzo secolo dopo, in un’edizione speciale. Un disco originale del 1973, più o meno ascoltabile ma con la copertina ammaccata e senza il poster con le cartoline, sul mercato dell’usato costa lo stesso: se si è fortunati.

Deluxe box set

  1. Nulla di più entusiasmante del già sentito

Il pezzo forte è la pubblicazione per la prima volta su long-playing di The Dark Side of the Moon Live at Wembley 1974, la versione dal vivo dell’album tratta dal concerto che i Pink Floyd tennero alla Wembley Empire Pool di Londra, oggi Wembley Arena, il 15 e il 16 settembre di quell’anno. La registrazione integrale fu della BBC Radio 1. Pubblicato, suddiviso in parti, in precedenti album antologici, quel concerto comprendeva anche primigenie versioni di Shine on You, Crazy Diamond, Sheeps e Dogs, queste ultime con i titoli iniziali e provvisori di Raving and Drooling e You Gotta Be Crazy. Inoltre, una delle ultime versioni di Echoes da parte del quartetto storico, per complessivi circa 131 minuti di musica.

Non c’è nulla d’inedito. La stessa registrazione, da tempo ben conosciuta dagli appassionati attraverso diversi bootleg più o meno ben registrati, era stata pubblicata ufficialmente su cd nel 2011 all’interno dell’Immersion Box Set di The Dark Side of the Moon. In precedenza, nella discografia del gruppo, era stato Pulse, 1995, terzo album dal vivo, a ospitare integralmente, nel secondo dei due cd, la versione dal vivo di Dark Side.

Non c’è paragone tra le due registrazioni: impeccabile, professionale, fredda, inutile, da cover band quest’ultima. Imperfetta, affascinante, generosa, blues psichedelica, in sintonia con l’epoca, quella suonata a oltre due anni dalle prime esibizioni che portarono a elaborare sul palco un disco che, nella versione uscita dagli studi londinesi di Abbey Road, dà la sensazione di non avere una nota superflua, o fuori posto.

  1. Se a battere i record è un disco intelligente

Il vinile di The Dark Side of the Moon Live at Wembley 1974 consente invece di recuperare l’artwork originale, disegnato sempre da George Hardie come variazione sul tema del prisma triangolare. Segno che, a suo tempo, fu pensata probabilmente una pubblicazione live prima di Wish You Were Here, 1975. Forse non ci fu a causa dell’incredibile e inatteso successo commerciale dell’album originale: oltre settecento settimane di presenza ininterrotta nella classifica dei primi duecento venduti negli Stati Uniti fino al 1988, per poi rientrarvi fino a superare le millecento, e poi ancora oltre per superare, ad oggi, le cinquanta milioni di copie vendute posizionandosi al terzo posto tra i dischi più venduti della storia.

Se The Dark Side of the Moon deve cedere il passo a Sergeant Pepper’s in termini di valore e d’influenza, probabilmente lo sopravanza per fama. Eppure non è un disco facile. Però, nell’epoca in cui fu concepito, riuscì a essere, contemporaneamente, un disco di gusto popolare e d’avanguardia. I Pink Floyd non erano giovani intellettuali come Peter Gabriel, o sofisticati musicisti come Robert Fripp, o artisti di tendenza come Robert Wyatt al quale proprio Nick Mason avrebbe prodotto, nel 1974, un disco immenso qual è Rock Bottom. Erano quattro giovani musicisti rock, strumentisti creativi ma non straordinari come John McLaughlin, di estrazione piccolo o medio borghese (Roger Waters, Syd Barrett, David Gilmour) e agiata (Nick Mason, Richard Wright), che erano riusciti a sviluppare uno stile musicale personalissimo nella Londra underground della seconda metà degli anni Sessanta, in cui divennero un riferimento insieme ai King Crimson e ai Soft Machine.

The Dark Side of the Moon, per una straordinaria coincidenza di sensibilità, di evoluzione e di tempi rispetto alle loro vite, divenne l’apice creativo della loro parabola e un segno dei tempi che tuttora incontra il gusto d’un pubblico ampio e di diversa estrazione con i temi dell’assenza, della follia esistenziale, della ricerca del senso della vita simboleggiato dal battito cardiaco con cui il disco inizia e finisce, dell’avidità degli uomini e della disillusione rispetto all’industria discografica, del conflitto e della guerra che l’autore dei testi per la prima volta unico, Roger Waters, inizia a introdurre per poi sviluppare con grande senso poetico negli anni a venire. La sperimentazione sonora attraverso gli allora nuovissimi sintetizzatori EmsVcs 3 e Synthi A, le registrazioni multitraccia, la straordinaria performance della corista Clare Torry capace di trasformarsi, in una anonima session domenicale, in una incredibile gospel mama fornendo la possibilità di rendere eccezionale la melodia sviluppata da Wright per The Great Gig in the Sky, furono filtrate attraverso la capacità tecnica di Alan Parsons, che rappresentò in questo disco per i Pink Floyd quello che George Martin fu per i Beatles rispetto ai loro grandi dischi di poco anni prima.

Pink Floyd 1974 (Gerard Scarfe)

 

  1. Intanto, Roger Waters …

 Alla fine, se The Dark Side of the Moon si trova in compagnia, nella classifica dei dischi più venduti, di album decisamente meno memorabili e più commerciali, è anche perché «un’istanza di empatia politica, filosofica e umanitaria che chiedeva disperatamente di venir fuori», come lo spiegò Roger Waters, ci riuscì in maniera decisamente fruibile e gradevole per il gusto medio, al punto che lo stesso Waters, che oggi si lamenta perché, secondo lui, non tutti ne compresero il senso profondo dei testi, ne ha realizzato una versione solista con un arrangiamento più attuale che, nelle sue intenzioni, dovrebbe garantire più attenzione a quello che voleva dire.

Intanto lo stesso Waters ha ricevuto il sostegno dell’antico sodale Nick Mason insieme ad artisti rock come il citato Robert Wyatt, Eric Clapton, Brian Eno, Peter Gabriel, affinché sia rimosso il veto del consiglio comunale di Francoforte che ha annullato un suo concerto, previsto per il 28 maggio, a causa del suo «persistente comportamento anti-israeliano». La petizione in suo favore è stata lanciata dal comico e commentatore politico statunitense Katie Halper. «Le critiche di Waters al trattamento riservato da Israele ai palestinesi fanno parte da tanto tempo della sua battaglia a favore dei diritti umani in tutto il mondo», si legge nella nota che l’accompagna.

Ne riparleremo.

print

Pietro Andrea Annicelli è nato il giorno in cui Paul McCartney, a San Francisco, fece ascoltare Sergeant Pepper’s ai Jefferson Airplane. S’interessa di storia del pop e del rock, ascolta buona musica, gli piacciono le cose curiose.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.