Due uscite che aumentano la nostalgia di Tom Waits: i vent’anni di Alice e Blood Money.
Il dilemma è soltanto uno. Si può alleviare una lunghissima assenza con una manciata di brani live legati al ventennale di due album datati 2002?
Qualche giorno fa sono uscite le versioni anniversario di Alice e di Blood Money (Anti-Epitaph). Le tracce sono le stesse delle prime stampe, con l’aggiunta di qualche brano registrato dal vivo nel corso del tour che ne seguì. La certezza è che tutti avremmo preferito un lavoro originale. Sono passati, infatti, undici anni dall’ultimo disco in studio, Bad As Me. Waits è sempre schivo e molto avaro di notizie. In questi anni lo abbiamo visto sul grande schermo in film più o meno noti e diretto da grandi registi. Penso, per esempio, ai fratelli Coen, a Jim Jarmusch, a Paul Thomas Anderson. Ma sul fronte musicale tutto tace. Il suo genio è sempre lì? Oppure – e non si potrebbe certo fargliene una colpa – la sua vena creativa si è esaurita? Chissà! Sono domande che evidentemente rimarranno senza risposta. E allora, intanto, bisogna accontentarsi della polvere, che è di stelle, ma che certo polvere rimane, e che Tom Waits talvolta dispensa e lancia, come dal palco del Comunale di Firenze o, più di recente (!), da quello dell’Arcimboldi di Milano.
Alice e Blood Money: le ristampe della 20th Anniversary Edition
E non resta dunque che riascoltarli, quei due album, quei due pezzi da novanta della sua discografia. Nati entrambi dalla collaborazione con Robert Wilson e usciti in contemporanea il 7 maggio del 2002, il musical Alice andò in scena per la prima volta al Thalia Theatre di Amburgo nel 1992 e, prima dell’uscita ufficiale, già circolava in demo tra i fan più accaniti. Il riferimento è al lavoro di Carroll con qualche ‘inserto’ originale, come la splendida Poor Edward, dedicata alla leggenda di Edward Mordrake, raccontata dalla voce di Waits direttamente dal sottoterra. L’intero album restituisce in maniera eccellente tutto l’immaginario del cantautore americano. Blood Money invece è liberamente tratto da Woyzeck di Georg Büchner ed esordì al Betty Nansen Theatre di Copenaghen nel novembre del 2000. Dei due, Blood Money continua il percorso intrapreso con Bone Machine (1992) prima e poi con Mule Variations (1999), lungo il quale Waits sembra decostruire completamente il concetto canzone per adattarlo alle idee più disparate, sghembe, irregolari. Credo non vi sia bisogno di citare l’uno o l’altro brano, basta soltanto farsi cullare dall’arpeggio di Lullaby o trascinare lungo le onde urlanti di Starving In The Belly Of A Whale, che pare sperimentare un nuovo concetto di punk.
No…l’assenza di Tom Waits dalle scene musicali è una perdita di rilievo e il vuoto non è colmabile. Non resta che sperare che quella polvere, quel catrame, quel blues grezzo e sgraziato torni a sporcarci. Presto.