28 ottobre 2022: a 87 anni muore Jerry Lee Lewis, ultimo eroe del rock’n’roll
Il primo ad andarsene fu Buddy Holly, il 3 febbraio 1959: “il giorno in cui morì la musica”. Aveva poco meno di 23 anni e l’aria da bravo ragazzo. Potremmo dire che la musica è morta una seconda volta il 28 ottobre 2022, quando a salutare un pianeta da lui reso assai più vivace è stato l’ultimo campione del rock’n’roll ancora in vita, Jerry Lee Lewis, 87 anni e nemmeno per un giorno un bravo ragazzo. Fa effetto pensare che un’epopea esplosa nel 1954 e normalizzatasi già nel 1956 abbia comunque resistito per altri 66 anni. E con il suo esponente più ‘riprovevole’. Oggi è davvero tutto finito.
Jerry Lee Lewis comincia a far parlare male di sé il 12 dicembre 1957, quando sposa una cugina tredicenne dimenticandosi di non essersi ancora separato dalla moglie precedente, e non smette più, incluse un paio di storie parecchio controverse e altre dolorose. Poi ci sono le battaglie con l’Ufficio delle Imposte, quelle con la dipendenza da antidolorifici e molto altro ancora: “A volte sono un po’ strano, ma se fosse vera la metà di quel dicono su di me sarei in carcere da chissà quanto”. Gli anni recenti vedono il Nostro perdere un po’ di grinta: ormai si limita quasi soltanto a trattare male gli intervistatori che hanno il cattivo gusto di sedersi dalla parte dell’orecchio malfunzionante. Infine ecco arrivare la notizia della sua morte che sulle prime sembra falsa, come se un Lewis ormai molto malandato avesse chiesto di poter suonare il piano ancora per un attimo.
Jerry Lee Lewis: non solo personaggio ‘scandaloso’, ma soprattutto grande musicista
Queste sono le storie di cui si occuperà la stampa generalista, giusto per ridurre il rock ai soliti cliché discutibili, magari citando in ambito musicale solo Great Balls Of Fire (il brano di maggiore notorietà, titolo anche di un film a lui dedicato) e il nomignolo The Killer.
A noi invece piace ricordarlo per la sua energia davvero folle, per il suo piano ipercinetico e anche per la meno riconosciuta capacità di rinnovarsi artisticamente nel corso del tempo. Lo dimostrano uno dei dischi dal vivo più pazzeschi di tutta la storia del rock quale Live at the Star Club, Hamburg, la sua rinascita in ambito country negli anni ’60, un intenso e teso album soul come Southern Roots – Back Home to Memphis (durante le registrazioni minaccia di uccidere il tecnico del suono…) fino ad arrivare alle due raccolte di duetti con ammiratori famosi Last Man Standing e Mean Old Man e al documentario Jerry Lee Lewis: Trouble In Mind (2022), diretto da Ethan Coen.
Meglio allora lasciar perdere il personaggio da aneddoto gustoso-morboso e dai modi in stile cartone animato e ricordare quest’altro Jerry Lee Lewis. Uno che aveva la musica nell’anima e che con la musica era riuscito a scappare dalla deprivazione e dalla disperazione vere (cose che non aiutano a diventare tipi a modo). Jerry Lee lo ha fatto prima suonando la musica di Dio, poi quella del Diavolo e poi ancora confondendo Dio e il Diavolo. Nell’arte come nella vita.