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Due Pink Floyd contro: David Gilmour, Roger Waters, la guerra in Ucraina e molto altro.

1. Polly Gilmour: Twitter come un’arma contundente

L’ultima cannonata nella faida quarantennale tra Roger Waters, settantanove anni, e David Gilmour, quasi settantasette, il testardo creativo geniale e lo squadrato chitarrista indispensabile dei Pink Floyd, o di quel che ne resta, l’ha tirata Polly Samson in Gilmour ad alzo zero il 6 febbraio scorso con un post dirompente su Twitter: «Purtroppo @rogerwaters sei antisemita marcio fino al midollo. Sei anche un apologeta di Putin e un bugiardo, ladro, ipocrita, evasore fiscale, uno che canta in playback, misogino, invidioso patologico, megalomane. Basta con le tue sciocchezze». Il marito, sotto forma di like, ha annuito.

Non si è fatta attendere la risposta: «Roger Waters è a conoscenza dei commenti incendiari e violentemente imprecisi su di lui fatti da Polly Samson su Twitter, che confuta completamente. Attualmente sta ricevendo dei consigli sulla sua posizione». Insomma, si è rivolto a un avvocato. Ma l’ultimo post, ancora su Twitter, è stato di Gilmour. «Ogni parola è vera e dimostrabile» ha concluso a sostegno delle affermazioni della moglie.

2. Roger Waters alle Nazioni Unite

La zuffa ha preceduto un avvenimento tanto inatteso quanto imprevedibile. Waters, su richiesta dell’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vassily Nebenzia, è intervenuto l’8 febbraio in una videoconferenza durante una sessione del Consiglio di sicurezza sulla guerra in Ucraina. Nessuna star del rock, neanche Bob Dylan o John Lennon, l’aveva fatto prima.

Ordinato in giacca tweed e cravatta sottile, la barba e i capelli canuti che non nascondevano l’aria da antico ragazzaccio, con eloquenza rispettosa ma diretta e anche sarcastica, a nome della «maggioranza senza voce», Waters ha parlato per circa quattordici minuti in videoconferenza. Il suo è stato un discorso di significativo valore morale con passaggi da brividi: «Cosa hanno da dire i milioni di Senza Voce? Dicono: grazie per averci ascoltato oggi. Siamo i tanti che non partecipano ai profitti dell’industria bellica. Non alleviamo volentieri i nostri figli o le nostre figlie perché diventino carne per i vostri cannoni. Secondo noi l’unica linea d’azione sensata oggi è chiedere un cessate il fuoco immediato in Ucraina. Senza se e senza ma. Non si deve sprecare un’altra vita ucraina o russa. Non una. Sono tutte preziose ai nostri occhi».

Il cofondatore dei Pink Floyd (con Nick Mason nonché i compianti Syd Barrett e Richard Wright: Gilmour vi entrò, affiancando e poi sostituendo Barrett, all’inizio del 1968), ha ricordato l’insegnamento della madre Mary, che lo ha cresciuto da vedova di guerra insieme al fratello maggiore, e del padre che non conobbe mai, Eric Fletcher, caduto il 18 febbraio 1944 presso il fosso della Moletta ad Aprilia durante i feroci combattimenti seguiti allo sbarco alleato ad Anzio, come ha ricostruito il veterano Harry Shindler.

 

 

3. Così l’Alto comando portò il mio papà via da me

Il corpo non fu mai ritrovato. Roger aveva appena cinque mesi. Raccontò la storia in When the Tigers Broke Free, il canto epico con cui inizia il film The Wall: «Poco prima dell’alba /d’un miserabile mattino dell’oscuro ’44 /al comandante in capo /che aveva chiesto di far ritirare i suoi uomini /fu detto di tenere le posizioni. /I generali ringraziarono /per come i gradi inferiori trattennero /i carri armati del nemico per un po’. /Il caposaldo di Anzio /fu tenuto al prezzo /di alcune centinaia di vite comuni. /Il vecchio Re Giorgio mandò alla mamma una lettera /quando seppe che papà era morto. /Era, ricordo, sotto forma di pergamena, /con la foglia d’oro e altro. /La trovai un giorno /nascosta in un cassetto di vecchie fotografie /e il ricordo mi commuove ancora. /Sua Maestà firmò /con il sigillo di gomma. /L’oscurità avvolgeva tutto /quando irruppero i carri armati Tiger /e nessuno della Compagnia Reale Fucilieri C sopravvisse. /Furono tutti abbandonati /in gran parte morti /e gli altri morenti. /Fu così che l’Alto comando /portò il mio papà via da me».

Per capire l’uomo, si deve conoscere il suo passato. Il giovane Waters che urlava a squarciagola l’orrore e la liberazione di Careful with That Axe, Eugene, forse quanto di più simile a un bombardamento aereo sia mai stato reso in musica e trasferito visivamente da Michelangelo Antonioni nella celebre scena dell’esplosione immaginaria di Zabriskie Point, è lo stesso anziano canuto e determinato che alle Nazioni Unite ha esortato: «Presidente Biden, Presidente Putin, Presidente Zelenski, Stati Uniti, Nato, Russia, Unione Europea, voi tutti, per favore cambiate rotta. Accettate un cessate-il-fuoco in Ucraina oggi stesso. Ovviamente sarà solo il punto di partenza. Ma tutto estrapola da quel punto di partenza. Immaginate il sospiro di sollievo nel mondo. L’esplosione di gioia. L’unione internazionale di voci in armonia che cantano un inno alla pace! John Lennon che agita il pugno nell’aria dalla tomba. Finalmente siamo stati ascoltati nei corridoi del potere. I bulli nel cortile della scuola hanno accettato di smettere di giocare con il rischio d’una guerra atomica. Non moriremo tutti in un olocausto nucleare: almeno non oggi. I poteri costituiti sono stati persuasi ad abbandonare la corsa agli armamenti e la guerra perpetua come modus operandi. Possiamo smetterla di sperperare le nostre preziose risorse in guerra. Possiamo nutrire i nostri figli, possiamo tenerli al caldo. Potremmo imparare a cooperare con tutti i nostri fratelli e sorelle e persino salvare il nostro bellissimo pianeta dalla distruzione. Non sarebbe bello? Eccellenze, vi ringrazio per la vostra pazienza».

 

 

4. L’Ucraina? Waters ha ragione.

Sul conflitto Waters ha assunto una posizione che non fa una grinza nonostante le prevedibili accuse di coloro che credono che gli ucraini, grazie agli aiuti della Nato, dovrebbero vincerlo: «L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa è stata illegale. La condanno nei termini più forti possibili. Non si può dire però che non ci sia stata una provocazione dietro a questa invasione, quindi condanno anche i provocatori nei termini più forti possibili».

Non è piaciuta al consigliere presidenziale ucraino Mikhaylo Podolyak: «Waters chiede un cessate il fuoco in Ucraina», ma «in realtà, dice: date la terra alla Federazione Russa, non perseguite i criminali di guerra, arrendetevi». Questo però l’ha detto Podolyak, non Waters. Non giustifica invece l’invasione, ma la spiega, il fatto che il 12 gennaio dello scorso anno, quarantatré giorni prima, la Russia si sia vista respingere dalla Nato l’ultima d’una serie di richieste riguardanti la sua sicurezza. In particolare, di porre un limite all’estensione dell’Alleanza stessa ai suoi confini e al dispiegamento di truppe e di armi nei Paesi baltici e in Ucraina.

La posizione di Waters trova un’indiretta conferma nell’analisi di studiosi di fama mondiale della corrente realista nelle relazioni internazionali come John Mearsheimer, Henry Kissinger, George Frost Kennan (1904-2005). Soprattutto gli ha dato ragione, qualche giorno dopo in un’intervista al Financial Times, il generale Mark Milley, capo di Stato maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti, per il quale né la Russia né l’Ucraina saranno in grado di vincere la guerra e la contesa potrà essere definita solo al tavolo dei negoziati.

5. Anche Gilmour, a modo suo, ha ragione

Diverso l’atteggiamento di David Gilmour. Se per Waters «in Ucraina bisogna fermare la guerra perpetua prima che porti alla distruzione dell’intero pianeta», un anno fa il chitarrista, suggestionato da un post su Instagram del cantante Andrij Chlyvnjuk che la nuora ucraina gli aveva fatto vedere, chiama Nick Mason e i fidati collaboratori Guy Pratt e Nitin Shawney. Un po’ come Neil Young nel 1970 insieme a Crosby, Stills & Nash dopo che la Guardia Nazionale aveva ucciso quattro studenti alla Kent State University dell’Ohio durante una manifestazione contro la guerra del Vietnam, Gilmour registra in fretta, a casa sua, la canzone Hey Hey Rise Up per protestare contro l’invasione russa e la propone come Pink Floyd featuring Andrij Chlyvnjuk.

Quest’ultimo era negli Stati Uniti il 24 febbraio 2022 quando i russi hanno invaso l’Ucraina. È tornato e si è arruolato volontario. Poi ha messo su Instagram il video in cui canta in piazza Sofia a Kiev, senza accompagnamento strumentale, una parte di Oi u Luzi Chervona Kalyna (Oh, il viburno rosso nel prato), una canzone patriottica ucraina dell’Ottocento rielaborata nel 1914 dal compositore Stepan Charnetsky.

Gilmour ha telefonato a Chlyvnjuk e si è fatto autorizzare a prelevare la sua voce per inserirla in una composizione a cui stava lavorando. Introdotta da un breve inserto campionato del Veryovka Folk Song and Dance Ensemble, arricchita da uno struggente solo del chitarrista, Hey Hey Rise Up è andata al primo posto nel Regno Unito tra i singoli del genere rock and metal. Non è un capolavoro né, come ha detto qualcuno, la cosa più brutta fatta dai Pink Floyd. Ha torto Waters nel sostenere: «È una gran tristezza, incoraggia la continuazione della guerra. Un tempo ero legato al nome dei Pink Floyd, è stato un periodo importantissimo della mia vita, una cosa enorme: associare quel nome a una guerra per procura mi fa tristezza. Non hanno chiesto di fermare il conflitto, di fermare il massacro, di riunire i capi di Stato per negoziare. Sventolano senza senso la bandiera blu e gialla».

 

 

6. Il disco è mio e cinquant’anni dopo lo registro come dico io

Due cose vanno apprezzate: la spontaneità e l’impegno di Gilmour e Mason in favore della popolazione ucraina. Gilmour, che non ha la profondità d’analisi di Waters ma che merita rispetto per la sincerità, sollecitava esasperato: «Soldati russi, smettetela di uccidere i vostri fratelli. Non ci saranno vincitori in questa guerra. Mia nuora è ucraina e le mie nipoti vogliono visitare e conoscere il loro bellissimo paese. Smettetela prima che sia tutto distrutto. Putin deve andarsene». Il disco è servito a raccogliere fondi per alleviare la sofferenza della popolazione: alla vigilia dello scorso Natale, Gilmour e Mason comunicavano che mezzo milione di sterline sarebbero state distribuite tra cinque enti benefici ucraini: Hospitallers, The Kharkiv and Przemyśl Project, Vostok SOS, Kyiv Volunteer e Livyj Bereh. Quattrocentocinquantamila erano stati ricavati dalle vendite del cd e dallo streaming. Cinquantamila le avevano aggiunte loro.

Torniamo al post su Twitter di Polly Samson che ha riattizzato la disputa. In assenza d’altri pubblici inneschi, a sollevare le ire della poetessa e scrittrice, coautrice con il marito dei testi degli ultimi due album dei Pink Floyd (che neppure lontanamente si avvicinano alla prosa fiammeggiante, critica e visionaria di Waters) è stata un’intervista di quest’ultimo al giornale tedesco Berliner Zeitung. Waters, tra l’altro, dichiarava che avrebbe pubblicato una riedizione solista di The Dark Side of the Moon, l’album iconico del gruppo di cui il 1 marzo si celebra il cinquantenario e di cui è pronta una riedizione masterizzata in un cofanetto deluxe.

Lo stesso Waters avrebbe chiarito allo storico quotidiano britannico The Daily Telegraph:«Non tutti hanno capito di che cosa trattava, cosa volevo dire ai tempi». Ribadiva quindi che «eravamo in quattro, tutti hanno contribuito, ma è un progetto mio, l’ho scritto io». Inoltre: «Nick non ha mai preteso di scrivere canzoni. Ma Gilmour e Rick? Non sanno scrivere, non hanno niente da dire. Non sono artisti, non hanno idee, non ne hanno mezza in due. Non ne hanno mai avute e questo li fa impazzire».

 

 

7. Ma i veri dischi dei Pink Floyd sono quelli del quartetto classico

Non è affatto vero, a parte il cattivo gusto di parlare di Wright, scomparso nel 2008, al presente. Se è legittimo ritenere mediocre la scarna discografia dei Pink Floyd dopo l’abbandono di Waters, con un solo capolavoro firmato da Gilmour, la canzone High Hopes, i grandi dischi dei Pink Floyd ideati dallo stesso Waters negli anni Settanta non sarebbero esistiti nella forma amata da milioni di persone senza il caratteristico sound del quartetto classico con Gilmour, Wright e Mason. Anzi, probabilmente non sarebbero esistiti affatto.

Due fatti almeno lo dimostrano. Il primo è l’inattesa reunion del 2005 al concerto di Londra del Live 8 promossa da Bob Geldof: quattro canzoni (Speak to Me + Breathe + Breathe reprise, Money, Wish You Were Here, Comfortably Numb) per poco più di venti, intensissimi minuti di musica dedicati, parola di Waters, «a tutti quelli che non sono qui: in particolare, naturalmente, a Syd» (Barrett, che sarebbe morto l’anno dopo). È stata indubbiamente la cosa migliore che il gruppo ha realizzato dall’album The Final Cut, 1983. Confrontate quell’esibizione con i filmati dei Pink Floyd di Gilmour o dei concerti solisti di Waters: avrete la differenza tra il gruppo originale e il rifacimento della sua musica, sia pure dalle stesse persone.

Il secondo fatto è la maniera in cui generalmente suonano i dischi successivi a quelli del quartetto classico. L’esempio più evidente è il migliore, Amused to Death, 1992, dello stesso Waters, uno dei grandi album degli anni Novanta. Nonostante il lavoro eccellente di Jeff Beck che, curiosamente, nel 1967 era stato preso in considerazione prima di Gilmour per sostituire Barrett, l’imprinting, le tematiche, i tempi, le citazioni, gli effetti, più o meno tutto lo rende il più grande disco dei Pink Floyd senza i Pink Floyd. Che cosa sarebbe stato con la chitarra di Gilmour, le tastiere di Wright, il drumming di Mason?

Alla stessa maniera, il primo dei due dischi dei Pink Floyd senza Waters (il terzo, The Endless River, 2014, è tratto da materiale inedito registrato vent’anni prima), A Momentary Lapse of Reason, 1987, per la carente incisività creativa pare più un album solista di Gilmour. Il secondo, The Division Bell, trova il guizzo di High Hopes e si fa preferire al precedente per le due composizioni di Wright, Wearing the Inside Out e soprattutto Marooned, non certo perché all’altezza dei dischi degli anni Settanta. Per non parlare dei concerti. Se da un lato la tournée alla fine degli anni Ottanta fu la più riuscita nella storia del gruppo per guadagni e numero di spettatori, un concerto come quello a Venezia, confrontato con l’esibizione del Live 8, non trasmette la sensazione dei Pink Floyd, ma d’una cover band.

 

 

8. «And after all we’re only ordinary men»…

Nick Mason, riconosciuta coscienza critica dei Pink Floyd, ha detto che un problema essenziale della faida tra Waters e Gilmour è che il primo vuol vedersi riconosciuto il suo valore artistico ma non attribuisce all’altro la giusta importanza come musicista. Inoltre, ritiene prevalenti le parole sulla musica. Dopo il Live 8 si era parlato della possibilità che Waters rientrasse. A impedirlo è stata la morte di Wright che, nel cuore di Gilmour, ha definitivamente messo fine al gruppo se si esclude l’estemporanea canzone per l’Ucraina.

Eppure non sono mancati i momenti d’incontro. Nel 2010 Gilmour e Waters suonarono insieme al concerto di beneficenza della Hoping Foundation, un’associazione benefica in favore dei bambini palestinesi. Un anno dopo Gilmour suonò Comfortably Numb a un concerto di Waters e ai due, nel finale, si aggiunse Mason. L’avvenimento suona beffardo se si pensa alla versione della stessa canzone pubblicata sul finire del 2022 da Waters: siderale, mesta, bellissima ma, senza Gilmour, sostituito dai pregevoli vocalizzi d’una corista, inevitabilmente monca.

Non è che il chitarrista sia esente da responsabilità. Gilmour, ad esempio, ha escluso Waters dai canali social dei Pink Floyd. Il remix di Animals, risalente al 2018, è stato inoltre pubblicato solo nel settembre scorso perché lo stesso Gilmour non gradiva le note del giornalista Mark Blake che dicevano quello che tutti sanno: l’idea, le musiche e i testi furono di Waters con una partecipazione minima dell’altro a Dogs. Il bassista, che per permettere la pubblicazione del disco ha rinunciato alle note che però ha riportato sul suo sito internet, ha dato questa spiegazione: «Dave non contesta la veridicità della storia descritta nelle note di Mark, ma vuole che rimanga segreta. Questa è soltanto una piccola parte della campagna di Gilmour/Samson per rivendicare più credito per Dave sul lavoro che ha fatto nei Pink Floyd di quanto gli sia dovuto».

Blake ha raccontato anche come Algie, il pallone a forma di scrofa simbolo del potere che compare sul disco, poi utilizzato nella scenografia dei concerti, sia stato un’idea di Waters. È importante se si pensa che una ragione del contendere nel 1987, quando Gilmour e Mason ripresero i concerti come Pink Floyd, fu proprio l’utilizzo di Algie. Furiose battaglie legali, spesso sciocche, costarono molto denaro a tutti loro finché non si giunse a degli accordi, con annesso qualche pentimento. L’escamotage per aggirare il veto di Waters fu un pallone a forma di maiale … dotato di testicoli. Rivangare il passato, evidentemente, non piace a Gilmour.

Nick Mason alla fine ha concluso: «David e Roger hanno discusso animatamente sulle note di copertina e, come in tutte le grandi guerre mondiali, ora nessuno riesce a ricordare bene di che cosa si trattasse e quale fosse il problema. Ma ci sono stati molti andirivieni e alla fine è stata raggiunta una sorta di risoluzione. Io sono riuscito a starne fuori bene». Vedremo se resterà così serafico qualora le dispute legali che si preannunciano per le esternazioni su Twitter e il rifacimento di The Dark Side of the Moon da parte di Waters produrranno nuova carta bollata.

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Pietro Andrea Annicelli è nato il giorno in cui Paul McCartney, a San Francisco, fece ascoltare Sergeant Pepper’s ai Jefferson Airplane. S’interessa di storia del pop e del rock, ascolta buona musica, gli piacciono le cose curiose.

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