Bob Dylan - The Philosophy Of Modern Song

È uscita per Feltrinelli la traduzione di Bob Dylan – The Philosophy Of Modern Song.

The Philosophy Of Modern Song è il nuovo libro di Bob Dylan, uscito mentre si è sempre in attesa della seconda parte di Chronicles. apre una porta sul modo attraverso cui un artista si avvicina alla musica, a quella che ha sempre ascoltato, che lo ha formato e quella che ascolta ora.

Non c’è un discorso lineare e si potrebbe dire che si tratta di “frammenti di cose popolari”. L’approccio alle 66 canzoni è quasi sempre identico: una prima parte che guarda direttamente al testo per poi partire verso libere immagini che riprendono l’atmosfera della canzone e aggiungono sensazioni, pensieri, associazioni personalissime, magari mai pensate prima. Una seconda parte, spesso, offre notizie e particolari, spesso sconosciuti ai più, sull’autore o sull’esecutore o sull’impatto che quella canzone ebbe sul pubblico. E tante foto, pubblicità, istantanee.

Gli anni ’50 fondamentali per la sua formazione

La maggior parte delle scelte di Bob Dylan in The Philosophy Of Modern Song appartengono agli anni ’50, quello che “ha segnato un momento importante nella storia della musica”, come lui afferma in una intervista; e molto spesso si tratta di artisti di secondo piano, poco noti o che dopo un momento di grande successo sono caduti nell’anonimato, rovinati dall’alcol, da scelte sbagliate o dall’industria discografica.

Dylan song

Bob Dylan – The Philosophy Of Modern Song: perché è importante

Si potrebbe pensare che Dylan sia assente e che si tratti solo di suoi appunti; invece Dylan c’è sempre, nelle immagini che il testo gli offre, sino alle considerazioni personali che lui aggiunge a qualche brano. Uno per tutti: i motivi che sono alla base del never ending tour. Quando commenta On The Road Again di Willie Nelson, scrive che questa canzone “trasmette il movimento della strada. È così che lo senti se sei su un autobus…” e alla fine aggiunge che ci sarebbe da scrivere una canzone sui veri  motivi per cui non vede l’ora di tornare sulla strada, in tour: ” Nessuno si arrabbia se non hai portato fuori la spazzatura e i tuoi conoscenti non ti capitano in casa all’improvviso…”. Una bellissima confessione di un artista che ha fatto della strada, dei palcoscenici del mondo la propria storia e la propria vita.

La curiosità più bella? Commentando Old Violin di Johnny Paycheck, ci confida che Doc Pomus (a cui il libro è dedicato) scriveva le parole di Save the Last Dance for Me (in italiano Lascia l’ultimo ballo per me, cantata dai Rockes), era immobilizzato dalla poliomelite e la moglie ballava con suo fratello.

Ma c’è tanto altro da scoprire. Imperdibile.

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Nato con i Beatles e cresciuto con il folk americano, ho trovato in Dylan la sintesi perfetta di ogni cosa. Suono da molti e molti anni, prima in un gruppo (La Via del Blues) e poi in un duo che spesso si moltiplica con la partecipazione di amici che vogliono condividere il piacere/ divertimento di scrivere pezzi propri (The Doorways). Tom Petty, Byrds, The Band, Eric Andersen, The Outlaws, Bruce Springsteen e tanti altri.... Per me Clapton è ancora Dio.

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