“Oltre il Muro di Berlino” – il rock nella fu Germania Est.

Oltre il muro di Berlino | Tomtomrock

Si potrebbe iniziare con il fragoroso frullare di una capatosta per scrivere di Oltre il Muro di Berlino di Sascha Lange e Dennis Burmeister (Goodfellas, pp. 192 + cd allegato, euro 25). “Rock’n’Roll Fantasy” e Realpolitik. Una Trabant, utilitaria altamente inquinante e a due tempi (come una K7) che transita parallela ad un Maggiolino tutto matto. Non si incroceranno per anni. Est e Ovest.

Rock’n’roll Trabant

Sulla Trabant è installato un artigianale congegno, facile da far sparire, quasi uno “status quo” per le varie generazioni soniche. Dal 1961 al 1989. Il marchingegno è una musicassetta registrata in casa. Una sequenza di brani: Aah-Ja!, folk-pop ballad del cantautore dissidente ed anti-stalinista Wolf Biermann, African Reggae di Nina Hagen (una curiosità: Biermann fu compagno nella vita della madre di Nina), una gittata di brani kraut-rock, dai Neu! allo jeti-sound targato Amon Düül II, gli olfattivi Embryo (poi Dissidenten) tali da mandare in tilt persino un accorto quanto spericolato Julian Cope, Der Mussolini dei D.A.F. (Deutsch Amerikanische Freundschaft) con il rischiare il fraintendimento, Tomorrow disco-punk export dei CCCP Fedeli Alla Linea con Amanda Lear, la all-female band Malaria, il digital-sound dei Kraftwerk (poco conosciuti ad Est, poi sdoganati),  Heroes di David Bowie e Personal Jesus dei Depeche Mode, pubblicata quasi in contemporanea con il crollo del Muro di Berlino.

Struttura tutta cemento, filo spinato, abitacoli per le guardie, l’abbaiare dei cani. Peggio ancora: “rubando” parole al celebre cantautore genovese (Ivano non Fabrizio) tutto reso possibile grazie al “maledetto muro che abbiamo in testa”. Blocco mentale, stili di vita, pirati musicali, tra aree rurali, residenziali, antichi e decadenti edifici, luoghi
del comando.

Musica come antidoto all’autoritarismo

La scena post-punk e new wave ad Est come antidoto alla forma-Stato autoritaria. Dettata da un bacio malefico tra un leader russo e uno tedesco. Orsi russi dietro lo sventolio di una bandiera sulla quale è disegnato un compasso. Col quale puoi tracciare una circonferenza. Appunto: giro giro tondo, casca il mondo. Tutti giù per terra. Libertari che non accettano la contraffazione e il falso storico, chi tentò di scavalcare il Muro e ci lasciò la pelle e non ultimo, il monitoraggio continuo degli approvvigionamenti culturali, nell’abbigliarsi, nel modo di sbandierarsi a testa alta
nel quotidiano. Guardie Vopos, Secret-Police Vs. Young Punks. Ed anche un jazzista, vicedirettore della sezione musica presso una radio giovanile nella Germania dell’Est che nell’80 sbotta ed afferma:
Il punk non ha alcun impatto sull’evoluzione della nostra musica (…) In primo luogo, gli elementi di cui si compone non sono altro che i rudimenti del rock, pertanto risultano inutili ai fini di un eventuale sviluppo di suddetto genere. Inoltre, il punk trova la sua ragione di esistere esclusivamente in un contesto societario di un certo tipo. Terzo, il punk si contrappone alle nostre norme etiche e morali di stampo socialista.

“Oltre il muro di Berlino” racconta una scena davvero sotterranea

E così (non) sia, diamine! Quindi: le vivaci discussioni negli uffici scolastici, le tattiche per procurarsi un disco-tabù, l’antiquato Comitato centrale del partito (rosso dalla vergogna), l’utilizzo di synth a basso costo, la subway, il sottosuolo, i videoclip amatoriali. Per un lungo periodo e in occasione, di mega-raduni, cittadini di serie A che potevano vedere e sentire da una parte e cittadini di serie B che potevano solo sentire dall’altra (magari gli Scorpions, arena-band per eccellenza). Ed allora, all’improvviso risuona la famosa frase di Emma Goldman, militante anarchica d’altri tempi: “Se non si può ballare, non è la mia rivoluzione”.
Tanto per intenderci bene e definitivamente. Tra le pagine, ampio spazio all’impatto e al grosso seguito dei Depeche Mode nella Germania dell’Est. Più “sociali” di quanto si possa immaginare e quindi non solo idonei per sgambettare. Accolti a braccia aperte. E poi una chicca. Il prezioso documento sonoro abbinato: 70 minuti, dentro 15 brani di band attive (nonostante tutto) dall’83 all’89 nella DDR. Nomi del tutto sconosciuti e da scoprire. Tra cui i Der Expander Des Fortschritts tra astrattismo e letteratura, i Rosengarten sull’onda dei Bauhaus e i Die Art da Lipsia, a loro agio nel vendere cassette. Musicali e nel nome di TuttiFrutti.
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Ha collaborato con diverse testate giornalistiche e da anni si occupa di controculture in diversi ambiti ed è organizzatore di eventi interdisciplinari. Nel 1994 è stato produttore artistico del disco "I Disertori. Omaggio a Ivano Fossati". Fa parte delle giurie nazionali di alcuni festival e rassegne musicali italiane. Ha pubblicato i libri "Bloom Sviluppi Incontrollati" (Vololibero, 2012) e "Le radici del glicine. Storia di una casa occupata" (Agenzia X, 2017).

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