Ben Watt with Bernard Butler @ Santeria Social Club – Milano, 22.02.2017
Strana coppia quella formata dalla metà maschile degli Everything But the Girl Ben Watt e dall’ex chitarrista degli Suede (fino a Dog Man Star) Bernard Butler, ora attivissimo produttore (da Tricky a Bert Jansch fino all’ultimo Mark Eitzel). Taciturni al limite dell’indifferenza in un incontro pomeridiano (ma sono inglesi, vanno capiti), la sera li trovi al bar, accomunati nel disinteresse generale al trio jazz chitarra-organo-batteria che accompagna la birra e le chiacchiere degli avventori del Santeria Social Club.
Ben Watt e Tracey Thorn suonano senza accompagnatori…
Il concerto è nella sala grande, prudentemente riempita di sedie solo per metà. C’è tempo di contarci, s’inizia con buoni 45 minuti di ritardo sull’orario previsto, e alla fine saremo in 150, pochi o molti decidetelo voi. Sul palco sono loro due ed è una sorpresa; a giugno, al Primavera Sound di Barcellona avevano suonato con la band, nove canzoni, non entusiasmando, toni troppo vicini ai morbidi arrangiamenti di Fever Dream, allora appena uscito.
…ma l’intensità non manca di certo
Dal vivo la scarna line-up contribuisce ad una più coerente tensione drammatica: s’inizia con Hendra, la title-track del secondo album (arrivato trent’anni dopo il folgorante debutto di North Marine Drive; non ci sarà nemmeno un brano da quell’esordio nella serata). Qualche frase in italiano dimostra che Ben ci prova. Lui è riservato, non è cattiva volontà, si esprime meglio con la chitarra o al piano elettrico (in The Night I Heard Caruso Sing. repertorio EBTG).
In Young Man’s Game dylaneggia con l’armonica a bocca, poi presenta The Levels ricordando che sul disco la chitarra gliel’ha suonata David Gilmour, ma Butler non si scompone e se la cava piuttosto bene. Dal repertorio ‘familiare’ (la moglie Tracey Thorn è l’altra metà degli Everything But the Girl) provengono anche Rollercoaster, eseguita in beata solitudine e 25th December; infine ampio spazio all’ultimo lavoro. come è giusto che sia, con Gradually, Running With The Front Runners, Fever Dream e il bis di New Year Of Grace, mentre la chiusura definitiva è affidata al piano di Spring, ancora da Hendra.
Abbandonato giocoforza il sound troppo innocuo e anestetizzato del disco, che forse nelle intenzioni avrebbe dovuto rivelarsi più accattivante e commerciale, la limpida semplicità delle canzoni di Watt guadagna in autenticità e addirittura in partecipazione. Tanto da sperare che il prossimo capitolo prosegua in questa direzione.