Flying Lotus – You’re Dead!
In basso a destra, il piccolo Freddie Mercury nudo in copertina lo dice subito: il nuovo album di Flying Lotus fa i conti con chi se n’è andato e ha lasciato il segno, e lo fa con tanta devozione e sfacciataggine da dichiarare influenze di cui tutti ci vergogneremmo (e ci vergogniamo) come quella dei Queen.
Originariamente concepito come un doppio LP di 30 pezzi jazz realizzati in duo con Thundercat Bruner, You’re Dead! è l’incontro dei generi e delle personalità più importanti nella vita di Steven Ellison, segnata troppo spesso dalla perdita di amici e colleghi, è il disco con cui FlyLo affronta e celebra il mistero della morte.
Le contaminazioni di You’re Dead!
Se con Lord of Lords, Alice Coltrane (zia di Ellison) contemplava l’aldilà ed elaborava l”ascesi’ di John Coltrane, con questo lavoro Flying Lotus – più che ascendere – trascende elettronica e jazz in una serie di composizioni che non sono mai fisse, in una fuga di elementi che si annullano a vicenda, per un’ansia compositiva che teme il riposo e mai la contaminazione.
In questo, l’album sa risolvere perfettamente il conflitto tra le ispirazioni che vengono da fuori e il bisogno dell’artista di uno stile autentico, molto meglio di quanto non faccia il recente Syro di Aphex Twin (per la stessa Warp), sa accogliere in sé i pianismi di Herbie Hancock (Moment Of Hesitation) come il rap di Snoop Dogg (Dead Man’s Tetris), nello stesso intimo trasporto.
E la grande personalità di You’re Dead! è la sua forza e la sua bellezza, passando da momenti bicisbriueschi come Tesla o Turkey Dog Coma, all’hip-hop di Never Catch Me (con Kendrick Lamar), fino al downtempo di Siren Song e Obligatory Cadence, racconta la morte come la vede Steven Ellison, un viaggio confuso, inizio di una nuova vita e di una nuova musica.
Scherzoso e travolgente superamento delle due pulsioni, eros e thanatos, jazz fusion e electro hip-hop, il disco risente forse di quell’ansia costante di cercare nuovi suoni che lo trasforma continuamente e non permette mai di penetrarlo, per cui risulta un po’ troppo autoerotico ed autotanasico, e l’ascoltatore, nonostante il titolo, non ne rimane né turbato né ucciso.
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