Più di una popstar: Lana Del Rey torna con Honeymoon.
Agli occhi di chi non l’ascolta Lana Del Rey è “un’altra di quelle popstar là”, di quelle tutta immagine e niente contenuto, con l’aggravante di cantare pezzi con la voglia di chi preferirebbe starsene a casa. Intorno a lei c’è sempre stato un chiacchericcio infinito, tutta una serie di gratuità e cattiverie sulla sua figura e sulla sua musica che avrebbero mandato in pensione almeno una manciata di queste cosiddette popstar, mentre in questo caso sono solo servite a reiterare quanto a lei, di chi non capisce, non gliene freghi niente. Lana Del Rey è una delle poche cantanti pop a essersi guadagnate, facendo quanto le pareva, una libertà artistica completamente slegata dalle esigenze dell’industria, ed è da questa condizione che è nato Honeymoon, con facilità il suo lavoro migliore.
La California secondo Lana
L’immaginario che ci si può aspettare e ci si trova davanti è sempre quello della California più anestetizzata, ricca e ovattata. Quello di quando fa caldo, non ci si vuole alzare dal letto e sotto casa c’è solo il mare. Una sensazione cinematografica sempre più presente, con arrangiamenti che ricordano colonne sonore e testi che rimandano a immagini ben definite, ma sempre dietro quel filtro fotografico che sembra un po’ sogno, un po’ Lynch, ma anche un po’ Sofia Coppola. Potrebbe essere un musical, potrebbe essere un’assurda produzione di Broadway. Funzionerebbe allo stesso modo, come succede alle storie migliori.
Honeymoon: un disco personale per Lana Del Rey
Di fatto, Honeymoon è il racconto più personale di Lana Del Rey, allungato finché ce n’era bisogno, raccontato, finalmente, alle sue condizioni ed espresso in una musica che probabilmente i fan di Born To Die (il primo album per una major) troveranno insopportabile.
E la storia, alla fine, è sempre la stessa: vivere la bella vita, ma sotto i riflettori sbagliati.
8/10