Starshine: dalla tradizione alla modernità per A Moving Sound
Un anno fa mi ero occupato su queste pagine di Little Universe, secondo lavoro della band taiwanese A Moving Sound che ha da poco pubblicato Starshine sempre per la ARC. La band di Mia Hsieh, sensibile e meravigliosa voce, e di Scott Prairie, abile polistrumentista che qui si esibisce al basso e in strumenti tradizionali cinesi ed è autore di gran parte dei brani, stavolta si fa accompagnare esclusivamente da musicisti taiwanesi, mentre nel precedente erano presenti il percussionista brasiliano Eduardo Campos e il chitarrista belga Pieter Thys. Questa scelta corrisponde a un disco più legato al folk taiwanese e nel quale traspare più netto il legame con le filosofie orientali, zen e buddhismo in particolare.
Ma questo non vuol dire che la voglia di sperimentare, di contaminare tradizioni e stili musicali diversi sia venuto meno, A Moving Sound rimane infatti una delle band più sorprendenti e innovative nell’ambito delle musiche non occidentali. La base è rappresentata dalla tradizione musicale di Taiwan e della Cina, ma riviste con sensibilità moderna. Anche l’aver utilizzato strumenti tradizionali come lo zhong ruan, un liuto cinese. l’ehru, violino a due corde taiwanese, o il satar, altro liuto a 13 corde, integrandoli con chitarre e basso rende il suono molto vario e colorito e perfettamente godibile per l’orecchio occidentale che apprezzerà la capacità della musica di evocare sentimenti ed emozioni.
A Moving Sound – Starshine: un processo creativo ricco di spiritualità e una celebrazione della vita
La title track vede una Mia in stato di grazia, modula la sua voce passando da una melodia tradizionale a delicati gorgheggi che accompagnano una canzone ispirata alle teorie buddhiste della reincarnazione e che celebra il ciclo immortale della vita; splendido l’arrangiamento minimale che conferisce al brano un’intensa spiritualità. Forte il senso di incombente paura e tremore in Howling Wind, qui la voce duttile e incantatrice di Mia ricorda la Teresa Salgueiro dei Madredeus. Il suono del satar e il canto lirico e profondo di Mia, è lei l’autrice della canzone, si librano verso l’alto a celebrare l’armonia fra i volteggi dell’aquila e il cielo. Meeting in Emptiness canta l’amore universale, le percussioni creano la giusta tensione e liuto e violino l’appropriata temperie sentimentale.
In Dynasty, sulla caducità e i conflitti del potere, non stupirà chi conosce la musica del duo sentire accenni ritmici alla musica country and western. Il senso della presenza del soprannaturale passeggiando in una foresta è evocato dalle atmosfere liriche e poetiche di An Appearance, mentre Toh De Gong, il dio della terra della religione taiwanese è protagonista di una canzone allegra e ben ritmata. È un dio che ama ridere come accade nel botta e risposta fra la voce maschile e il coro femminile. Chiudono l’album la gioiosa Jump, non esente da influssi flamenco e The Master Sighs dapprima malinconica e poi frenetica.
La stessa Mia ha dichiarato che la musica di A Moving Sound “nasce da una resa alla vita e dalla volontà di essere trasformati. Il processo creativo di questa musica è lo stesso del modo in cui ci avviciniamo alla vita”. E infatti le loro canzoni celebrano la vita nei suoi vari aspetti, nei sentimenti e nelle emozioni che vivono gli esseri umani, il tutto visto attraverso la cultura spirituale orientale. Amore, morte, speranza, gioia, contemplazione, paura sono evocati con grazia, leggerezza, ma anche con l’intensità e la forza espressiva di una musica che è sì profondamente legata alla propria storia e cultura, ma sa anche abbeverarsi a culture musicali diverse.
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https://www.youtube.com/watch?v=r552MZT1_mY