Algiers – There Is No YearMatador Records - 2020

Tra continuità e innovazioni: Algiers – There Is No Year.

Algiers – There Is No Year
Matador Records – 2020

There Is No Year è la terza prova discografica per il trio di Atlanta Algiers, ormai diventato un quartetto con l’innesto in pianta stabile di Matt Tong alla batteria. Quando si ha a che fare con una band che ha un sound – ma, più in generale, un “messaggio” – fortemente caratterizzato come quello degli Algiers, la prima tentazione è quella di andare a verificare se ci siano o meno elementi di diversità rispetto alle prove precedenti. E ve ne sono, pur all’interno di una coerenza sia “testuale” sia “musicale” che non è affatto venuta meno.

La musica e i testi del nuovo disco

I testi conservano la “durezza” tipica dei due dischi precedenti, anche se il coté “politico” è forse meno diretto: comunque il pugno nello stomaco non è certo diventato una carezza, ha solo rallentato appena un po’ la velocità dell’impatto. Sul piano musicale la cifra complessiva è sempre quella di una sorta di trip hop americanizzato e attualizzato, condito di funky, soul e techno, e che in questa terza prova sembra accentuare ancor più l’uso dell’elettronica. In particolare, l’inizio di molti degli undici pezzi è affidato a una batteria che pare quasi una drum machine. Si ascoltino soprattutto  il brano eponimo – che è anche il primo dell’album, quasi a voler esporre fin dall’inizio il Leitmotiv – o Hour Of The Furnaces. Complessivamente non molto utilizzate le chitarre di Lee Tesche, e comunque sottoposte e quasi violentate da ogni sorta di elaborazione elettronica.Invece, tra le tastiere di Ryan Mahan compare anche, un po’ a sorpresa, un piano acustico – o che almeno suona come tale – all’inizio di Dispossession e di Losing Is Ours.

Con There Is No Year gli Algiers rallentano

Rispetto al disco precedente sono considerevolmente aumentati i pezzi “lenti”, ai quali la voce di Franklin James Fisher conferisce a volte accenti quasi gospel. Impressione ancor più accentuata da un uso piuttosto frequente dei cori degli altri membri della band, a voler sottolineare l’unità di intenti della formazione. Proprio la già citata Dispossession è forse l’esempio più eclatante di tutto ciò, con la voce di Fisher a ruggire in una sorta di blues rabbioso mentre i cori degli altri danno una dimensione epica all’insieme. Dimensione mantenuta anche nei momenti più lirici e “tranquilli” come Losing Is Ours.

 

Anche se quella del “perdente” è un’esperienza alla quale si sono spesso dovuti assoggettare – sembra voler suggerire Fisher – gli afroamericani non hanno certo perso la voglia di lottare per la definitiva affermazione dei propri diritti. La terza prova discografica degli Algiers non ha forse più la dirompente “novità” delle prime due, né era logico pretenderlo. Mostra comunque un riuscito aggiornamento dei loro stilemi musicali all’interno di un messaggio “politico” dalla coerenza pressoché immutata.

Algiers – There Is No Year
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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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