Terzo disco per gli Anaïs che, ancora una volta, mettono in musica le poesie di Emily Dickinson, “The Belle Of Amherst”
Gli amici preferiremmo non vederli cambiare, ci vanno bene come sono. Dal punto di vista degli ascolti musicali gli Anaïs e i loro dischi sono, per chi scrive, degli amici. Quindi, se The Belle of Amherst non differisce moltissimo da Emily Dickinson (Because I Could Not Stop For Death) e da Amoressia la cosa ci rassicura come un piacevole, affettuoso ritrovarsi. A maggior ragione considerando che i nostri da qualche tempo sono rimasti in tre.
Ancora una volta i testi delle canzoni sono tratti da poesie di Emily Dickinson, mentre il titolo è ripreso da un lavoro teatrale di William Luce dedicato alla grande poetessa che poco o nulla usciva di casa eppure sapeva viaggiare lungo spazi enormi e attraverso un tempo senza tempo. Si può allora dire che c’è una logica nel fatto che le sue liriche siano state messe in musica da qualcuno che vive a 6297,23 km da Amherst, dove Dickinson trascorse tutta la sua vita, e ha iniziato a farlo a 125 anni dalla sua morte.
La naturale sintonia fra Anaïs ed Emily Dickinson
Non è facile trasformare/trasfigurare in melodia la compiutezza trasognata – anche psichedelica per usare un termine che alla poetessa sarebbe suonato curioso – di queste liriche senza punteggiatura eppure precisissime. Francesca, Guido e Mauro, ancora una volta (e stavolta meglio che mai, forse) lo fanno con le loro canzoni malinconiche e luminose, inquiete ma alla fine consolanti. Qui ce ne sono otto (inclusa una ghost-track) per 25 minuti di musica che potremmo definire espandibili, visto che dopo l’ascolto è d’obbligo andare a leggere i testi, meditare su certi passaggi “deeply ambiguous” (come li definisce un ‘decodificatore’ di Slant Of Light) e, inevitabilmente ma piacevolmente, ritornare al disco.
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