Il talento della rivelazione inglese Arlo Parks fiorisce in Collapsed in Sunbeams.
Anaïs Oluwatoyin Estelle Marinho, in arte Arlo Parks, è una ventenne cantautrice inglese, e questo Collapsed in Sunbeams è il suo LP d’esordio. Alle spalle un paio d’anni di carriera, se è il caso di chiamarla così, con due EP (Super Sad Generation e Sophie) e una canzone, Cola (qui inclusa nel secondo cd dell’edizione deluxe), che hanno attirato l’attenzione della BBC e un po’ di live che l’hanno fatta conoscere, incluse presenze a Glastonbury e Latitude nell’estate 2019.
Potremmo definire la sua musica bedroom indie pop, tanto per etichettare tutto, volendo ricollegarla a una corrente di giovani artisti che fanno dell’introversione un manifesto. Frank Ocean potrebbe esserne il simbolo; fra le canzoni incluse nell’edizione deluxe di Collapsed in Sunbeams, difatti, Arlo Parks propone una cover acustica di Ivy da Blonde. Tanto per dare altre indicazioni su dove si va a parare, ci sono anche cover di Archy Marshall/KingKrule e di Phoebe Bridgers.
La collaborazione con Gianluca Buccellati
Tuttavia, questo esordio sta in piedi per conto suo a prescindere dalle etichette. Arlo Parks è aiutata nella composizione e nella produzione da Gianluca Buccellati, che aveva collaborato – fra le altre cose – con Lana Del Rey su Lust for Life. Insieme costruiscono un prodotto di pop raffinato, basato su strumenti tradizionali, con pochissima elettronica, dove la ritmica è in evidenza, sia pure in modo gentile, e la melodia è data da tocchi di chitarre e tastiere. È una formula semplice, ma allo stesso tempo Collapsed in Sunbeams ha il pregio di avere un suono riconoscibile.
Arlo Parks ha una bella voce e scrive bei testi: impiega toni soffusi sia per scrivere le sue storie che per narrarle. Parlano di affetti, di depressione, dell’approccio al mondo di una post-adolescente che scardina molte delle sicurezze di genere, musicale e non, che generalmente si attribuiscono al pop femminile. Difficile scegliere un brano sugli altri. For Violet è una piacevole variazione trip-hop. Hurt e Black Dog, entrambe sul tema della depressione, sono molto belle; da notare che non parla di sé, Arlo, almeno in apparenza, ma descrive gli stati d’animo di altri; anzi la seconda canzone narra del tentativo di distogliere un’amicizia dal “cane nero”: “Let’s go to the corner store and buy some fruit/ I would do anything to get you out your room / Just take your medicine and eat some food / I would do anything to get you out your room”.
Difficile trovare un difetto in Arlo Parks – Collapsed in Sunbeams
A tratti (Too Good) c’è qualcosa in Collapsed in Sunbeams che ricorda la Lily Allen degli esordi. Ma lì c’era un talento malizioso, con il gusto dello sberleffo e la voglia di prendere in giro che qui mancano: non perché Arlo Parks appaia seriosa, ma perché l’attitudine è introspettiva e riflessiva, il che finisce per riflettersi anche nella musica oltre che nei testi. In un disco che scorre benissimo, veramente delizioso, ogni tanto piacerebbe sentire un’impennata, qualche moto che incrina la superficie, e che invece manca. È la Super Sad Generation.
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