Beirut - Artifacts

Zach Condon/Beirut ripercorre la propria storia con l’ottimo Artifacts. The Collected Ep’s, Early Works and B- Sides.

Quella che inizialmente doveva essere la ristampa degli EP pubblicati da Beirut, la band fondata e capitanata da Zach Condon, è poi diventata una corposa raccolta di 26 canzoni contenute in questo doppio album: Artifacts. The Collected Ep’s, Early Works and B- Sides (Pompeii Records). Man mano che scavava nel suo passato e nei suoi archivi, Condon ha ritrovato canzoni dimenticate composte fin dall’adolescenza che, remixate e rimasterizzate, ora possiamo ascoltare e apprezzare. Si può quindi giudicare Artfacts da un punto di vista filologico per analizzare la genesi e l’evolversi della musica del musicista di Albuquerque. Per questo scopo risulteranno utilissime le minuziose note presenti nel corposo libretto che accompagna il disco redatte dallo stesso Beirut, ma forse la cosa migliore è godersi appieno questa fluviale ora e mezza di ottima musica, considerando anche che ben 17 canzoni sono inedite.

Un viaggio nella musica di Beirut

Possiamo così intraprendere un affascinante viaggio nella sua musica, partendo da quando undicenne a causa di una terribile insonnia iniziò a comporre e suonare musica, passando poi per i numerosi soggiorni in Europa anche a seguito degli A Hawk and  A Hacksaw che lo hanno supportato e introdotto alla musica  klezmer e zigana, un amore e un’influenza che non lo hanno più abbandonato. E quanto i luoghi e i viaggi siano determinanti nell’arte di Zach Condon lo apprezziamo anche in questo doppio album che ci farà toccare con mano le influenze, balcaniche, messicane, francesi e mediterranee presenti nella sua musica. Del resto le sue canzoni, oltre al nome della band, e i suoi album contengono sovente riferimenti geografici a indicare luoghi che hanno ispirato le sue canzoni.

Artifacts inizia con alcuni brani celebri di Beirut, ora riarrangiati

La prima facciata della raccolta contiene il bellissimo EP Lon Gisland e  inizia con uno dei suoi pezzi più famosi, la meravigliosa Elephant Gun in una versione alternativa. Qui è tutto un fiorire di trombe e fisarmoniche, evidenti le influenze mariachi, gitane e klezmer, l’attrazione per atmosfere folk e popolaresche, ben temperate dal canto aggraziato e intimista di Condon. Ma O Leâozinho, cover di Caetano Veloso, ci mostra anche l’amore per la musica portoghese e il fado. La seconda facciata intitolata The Misfits è dedicata a perle nascoste o dimenticate, come l’ipnotica Poisoning Claude, la struggente Your Sails o l’elettronica indolente di Irrlichter.

Si prosegue con gli inediti

Il terzo lato raccoglie vecchie canzoni scritte da Condon durante l’adolescenza, a dimostrazione della precoce creatività del Nostro. Anche qui non mancano le belle canzoni come il romanticismo tenue di Sicily o la crepuscolare  Napoleon On The Bellerophon o una Now I’m Gone la cui malinconia è sottolineate dalle trombe mariachi.

 

Oltre all’uso del synth questi brani rivelano l’influenza nel modo di cantare di Rufus Wainwright, modello da cui successivamente si allontanerà, per uno stile che lo avvicinerà a cantanti scandinavi come Jens Lekman o The Tallest Man On Earth. L’ultimo lato si apre con la bella melodia di Fisher Island Sound, scelta come singolo. Seguono la ritmata So Slowly, la malinconica strumentale  Die Treue Zum Ursprung fra valzer e fado, Disco assolutamente imperdibile per i fan, ma da consigliare anche a chi voglia accostarsi alla musica di uno dei migliori songwriter in circolazione. La sua musica ricca, vivace, estrosa, fra folk, indie, world music e il suo mondo fatto di romanticismo, malinconia, dolcezza, fascino, viaggi e luoghi, cinema e letteratura non potranno non destare meraviglia.

Beirut - Artifacts
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Nato nel 54 a Palermo, dal 73 vive a Pisa. Ha scritto di musica e libri per la rivista online Distorsioni, dedicandosi particolarmente alla world music, dopo aver lavorato nel cinema d’essai all’Atelier di Firenze adesso insegna lettere nella scuola media.

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