Decimo disco per gli Spoon: Lucifer on the Sofa.
Passati attraverso mille definizioni (alt, indie, art…), gli Spoon di Britt Daniel e Jim Eno (i due membri fondatori, ma dal 2013 Alex Fischel dà un contributo come strumentista e, a tratti, compositore) arrivano al decimo disco con questo Lucifer on the Sofa (Matador) e mostrano di essere soprattutto una cosa: un’ottima band pop-rock.
Le aspettative per la band sono alte
Gli Spoon non smentiscono la sequenza di belle prove date nell’ultimo decennio (che certo non è stato generoso con il rock) nel corso del quale hanno prodotto quantitativamente meno, ma qualitativamente ad alti livelli con They Want My Soul (2014) e Hot Thoughts (2017). Il gruppo di Austin sembra deciso a lasciar passare le mode e i nomi alla moda, riuscendo a proporre un bel suono, buone canzoni, senza particolari preoccupazioni di guardare ciò che avviene intorno, né di suonare vintage (tipo Black Keys). Anzi, con questo Lucifer on the Sofa, gli Spoon realizzano il loro disco più diretto e più apertamente rock. Ad aiutarli la produzione di Mark Rankin, che fra pop e rock ha spaziato tanto nella sua carriera, e che qui fa un lavoro egregio.
Le canzoni
Si parte con Held, cover degli Smog di Bill Callahan, riconoscibile rispetto all’originale, ma con un tono più immediatamente rock; un’apertura insolita, seguita dal singolo The Hardest Cut, abbastanza tirato, con belle chitarre e Daniel che offre una delle sue ottime performance vocali. Il meglio però arriva con The Devil & Mister Jones, firmata da Daniel con Andrew Cashen, mentre la successiva, e pure ottima, Wild, è cofirmata insieme all’ormai celebre Jack Antonoff. Si rallenta con la ballata My Babe, ma gli Spoon tornano subito elettrici con Feels Alright. On The Radio è sicuramente radiofonica come spesso sono le canzoni di Britt Daniel, ed è un altro momento molto alto. Prima di chiudere Lucifer on the Sofa con l’atmosferica title track, gli Spoon rallentano di nuovo con due canzoni più intermedie: Astral Jacket e Satellite. Nell’insieme, però, la quarantina scarsa di minuti del disco scorre perfettamente.
Gli ultimi dischi della band si erano piazzati bene nelle classifiche statunitensi, e probabilmente anche questo non deluderà; meno scontato che piaccia in Europa, dove gli Spoon sono sempre restati un po’ più di nicchia, in secondo piano rispetto a band più appariscenti, ma anche meno consistenti. Qui i texani sono al decimo disco e ancora devono farne uno brutto.
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