Il ritorno dei Superchunk con Wild Loneliness.
Mentre è difficile, nel campo del rock classico, entusiasmarsi per le ultime uscite di un genere decisamente in crisi, ecco un alito di vita inaspettato. Però non proviene da un nuovo gruppo, ma da un quartetto che scalcia da più trent’anni nel terreno affollato del punk, poi del post-punk e quindi dell’alt-rock, ovvero i Superchunk. I titoli degli ultimi tre lavori del quartetto sono il racconto di un percorso: nel 2013 titolarono I Hate Music il decimo album della discografia, giustificando così l’attesa di altri cinque anni per produrne il seguito; il titolo di quest’ultimo, al contrario, era più ottimistico: What A Time To Be Alive uscì quattro anni fa e venne accolto molto bene dalla critica, raggiungendo, nella classifica indie di Billboard, la sesta posizione. Questo Wild Loneliness (Merge Records) è ancora un titolo chiaro, parlante. Comprende probabilmente l’avventuroso percorso delle incisioni, avvenute a distanza, come succede da due anni a questa parte.
Le collaborazioni di un album piacevole
Il quartetto guidato da Mac McCaughan, oltre ad essere in ottima forma dal punto di vista compositivo, ha trovato nuova linfa in una serie di collaborazioni importanti, che rendono piacevole, persino leggero, questo disco. Forse non a tutti piacerà l’assolo di sassofono del brano eponimo (lo esegue Andy Stack degli Wye Oak), ma in linea di massima ciò che portano gli ospiti è segno di inconfutabile rispetto verso un gruppo un po’ sottovalutato.
Gli altri cameo di Wild Loneliness sono importanti e preziosi; Owen Pallett (Beirut, Arcade Fire, R.E.M.) decora due brani con i suoi arrangiamenti d’archi, mentre l’ex R.E.M. Mike Mills canta in On The Floor (anche se il brano più vicino al gruppo di Athens è Connection). Quasi obbligatoria, vista la comune ispirazione, la partecipazione vocale di due terzi dei Teenage Fanclub, Norman Blake & Raymond McGinley (il brano è Endless Summer). Alzano il livello due ragazze dotate come Tracyanne Campbell (degli scozzesi Camera Obscura) che canta in This Night e Sharon Van Etten, che fa altrettanto in If You’re Not Dark, la canzone che chiude un album assai gradvole.
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