Da Austin, Texas: Black Pumas!
Austin TX deve proprio essere un bel posto; pare sia una città che vive e respira musica di altissima qualità 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno e quindi, un giorno ci andremo di sicuro.
Per ora possiamo goderci questo formidabile esordio discografico di un particolarissimo duo che viene proprio dalla cittadina texana; Black Pumas! è un progetto nato per volontà del chitarrista di Laredo TX Adrian Quesada (ex Grupo Fantasma) che ha trovato nel trentenne californiano Eric Burton, la voce di seta e kerosene in grado di rendere al meglio questi schizzi in cui si fondono mirabilmente echi soul/funk stile Motown con sonorità del più classico rock stradaiolo a stelle e strisce.
Un’uscita da recuperare
Si narra che Burton, busker sul molo di Santa Monica, trasferitosi a Austin, abbia conquistato il chitarrista/produttore cantandogli al telefono alcune sue canzoni e che Quesada, sia rimasto folgorato dalla voglia e dalla passione del cantante. Questo disco d’esordio del duo è uscito quest’autunno negli States ma solo ora viene distribuito dalle nostre parti; però meglio tardi che mai, in quanto si tratta di una piccola ed entusiasmante gemma in grado di far saltare sulla sedia parecchi appassionati.
Un nuovo soul, finalmente.
Pur evocando a più riprese i padri nobili della scena black (il reverendo Green e Otis Redding su tutti) e pur riproponendo come detto sonorità classicamente soul, il disco del duo texano si presenta come un prodotto del tutto fresco e moderno; canzoni con un livello di scrittura elevatissimo, suoni curati fin nei minimi dettagli e, soprattutto, una voce delle migliori mai sentite in questo anni: calda e avvolgente, capace di moltissimi registri dal falsetto più sexy alla grintosa invocazione gospel, veramente una sorpresa da far stropicciare occhi e (soprattutto) orecchi.
Black Pumas!
Il prodigioso risultato è un prodotto in grado di inserirsi nel solco della musica soul anni 60/70, riuscendo nel contempo ad essere nuovo ed originale, reinterpretando la classicità per offrire (finalmente!) qualcosa di nuovo. E così ci si lascia cullare nei dieci godibilissimi episodi del disco, che si apre con il gospel notturno e sabbioso di Black Moon Rising, per poi passare all’irresistibile singolo Colors, da ballare ondeggiando a destra e sinistra, chitarra acustica a dettare il ritmo, basso profondo e svisante, splendido solo di piano elettrico, e sopra tutto e tutti, la voce meravigliosa di Burton.
Spiccano poi la sinuosa Know You Better, il groove paradisiaco di Fire, con i fiati a scandire il ritmo, la solita macchina da guerra di basso e batteria, chitarre e tastiere importate direttamente dal 3614 di Jackson Avenue, a Sheffield Alabama, la dolcissima ballad à la Otis Redding di OCT 33, il suono del deserto in un magistrale riff di fiati della Motown di Stay Gold, la chiusura malinconica e struggente di Sweet Conversation.
È nata una stella?
Disco bellissimo come detto: forse abbiamo scoperto una stella, questo Eric Burton, del quale, fra poco, siamo pronti a scommetterlo, quando si digiterà il cognome sul più famoso motore di ricerca, non verranno prima le pagine dedicate al quasi omonimo cantante degli Animals: una voce splendida e flessibile che qui rende al massimo grazie ad un pugno di solidissime canzoni che dimostrano l’enorme potenziale del duo. Bellissimo disco, fresco e tradizionale allo stesso tempo, pieno di anima e polvere del deserto: eh sì, deve essere davvero un bel posto Austin, Texas, un posto dove andare prima o poi.
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