Il Bob Dylan del 1970 prova a mettere ordine nella sua testa e nella sua musica.
Tra la primavera e l’estate del 1970, il ventinovenne Bob Dylan è impegnato su due fronti discografici. Self Portrait (che sarebbe stato travolto da critiche a dir poco impietose) è in via di pubblicazione e le sessions di New Morning procedono a pieno ritmo. Non pago della mole di lavoro, Dylan si concede ulteriori “incursioni” negli studi newyorkesi della Columbia per registrare, presumibilmente senza alcuna prospettiva o velleità discografica, una serie di outtakes: cover e “rivisitazioni “di alcuni brani del suo già epocale repertorio, oltre alla sagomatura di qualche nuovo titolo.
I compagni di lavoro di Bob Dylan nel 1970
David Bromberg, Al Kooper, Russ Kunkel e Charlie Daniels sono alcuni dei prestigiosi compagni di viaggio che seguono Dylan in un percorso giocoso e rilassato ma certo non privo d’interesse artistico. Nelle session newyorkesi, infatti, è racchiusa l’essenza della musica a cui Dylan deve la sua ineguagliabile carriera: dalla Carter Family agli Everly Brothers, dai traditionals a King Elvis fino ai Beatles e molto altro ancora.
Nel 2012 questo corposo e variegato materiale uscì in una prima, limitatissima edizione pensata soprattutto per la rivendicazione dei diritti d’autore su pezzi da parte della Clumbia. Oggi, superate le inevitabili pastoie burocratiche (e dato il grande interesse per qualunque cosa riguardi ‘His Bobness’), la cospicua mole di musica realizzata nel corso delle informali session newyorkesi, dà origine a un triplo CD dal titolo scabro ed essenziale: Bob Dylan 1970.
Il collaboratore più prestigioso: George Harrison
La particolarità più “ghiotta”, quella che costituisce la maggiore attrazione per i fans è senza dubbio la presenza, amabile e discreta, di George Harrison. In una sola giornata (per la precisione quella del primo maggio), The Quiet One, all’epoca già impegnato nella messa a punto di All Things Must Pass, registra con l’amico Bob un gran numero di brani. La scelta di Matchbox e Your True Love rappresenta un omaggio a Carl Perkins e, più in generale, alla forza liberatoria del rock’n’roll che, negli anni ’50, segnò il destino di entrambi .C’è allegria, divertimento e professionalità in questo lavoro solo apparentemente marginale. L’immensa portata artistica di Bob Dylan si manifesta anche attraverso il modo profondo ed efficace con cui interpreta Cupid di Sam Cooke (davvero una piacevolissima sorpresa), la bellissima Thirsty Boots del grande Eric Andersen e un classico della canzone di protesta come Universal Soldier di BuffySainte-Marie.
In altre parole, ascoltare Dylan che si appropria da par suo di alcune canzoni che hanno illuminato l’adolescenza di molti di noi è un modo per riconciliarci con l’inesorabile scorrere del tempo e per fare un consuntivo tutt’altro che avvilente delle opportunità che il passato ha voluto riservarci.
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