Car Seat Headrest: il ritorno del giovane Will Toledo con Making A Door Less Open.
Ho un debole per Will Toledo, lo confesso; mi intriga questa sua aria da nerd, una sorta di Elvis Costello nato in Virginia all’epoca in cui il signor MacManus faceva uscire Mighty Like A Rose. A Costello poi l’accomuna anche il riuscire ad essere nella sua musica, estremo, quasi fastidioso, ma con un senso della melodia perfetta che ti prende e non ti molla più.
Non so se ha anche l’arguzia, la lingua biforcuta e la capacità di rendersi insopportabile dell’artista inglese, e forse per certi versi non c’è nemmeno da augurarglielo. Detto questo, i paralleli con Costello finiscono qui, in quanto la musica di Toledo ha poco da spartire con l’artigianato pop dell’artista inglese, avendo un’indole spiccatamente indie, dove un rock energico e nervoso, si fonde a tratti mirabilmente, con squarci di lirismo e con geniali aperture melodiche.
Making A Door Less Open: una torta a strati
È giovane Will Toledo, 27 anni, e si sente; si sente nell’urgenza che ha di comunicare le proprie emozioni, nel cantare strascicato e svogliato, nell’armamentario sonoro che caratterizza i suoi Car Seat Headrest (il nome, ispirato al luogo dove nascono le sue prime canzoni, rintanato nel sedile dietro della macchina dei genitori è semplicemente incantevole). Questo disco è, di fatto la terza prova del gruppo (se tralasciamo quella produzione confusa e di difficile lettura, tra uscite autoprodotte, cassette e cose similari), dopo Twin Fantasy del 2001 e, soprattutto, Teens of Denial del 2016, a mio giudizio uno dei dischi migliori della scena indie degli ultimi dieci anni.
Car Seat Headrest – Making A Door Less Open
Com’è Making A Door Less Open? Risposta complicatissima con la musica di Will Toledo, perché l’universo sonoro dell’artista è formato da vari strati, uno immediato ed accessibile da subito, fatto di ritornelli, coretti, piccoli mugugni che ti si stampano in testa e ti seguono giorno e notte; poi sotto iniziano tutta una serie di piccole raffinatezze, giri sottotraccia, innesti elettronici, una sorta di dedalo sonoro che cresce di ascolto in ascolto.
Questa sensazione è ancora più accentuata in questa ultima fatica del gruppo, che è scaturita dalla fusione di due registrazioni parallele, una con il classico organico di chitarra basso e batteria e l’altra con strumentazione esclusivamente elettronica frutto del lavoro del progetto parallelo di Toledo (i Trait Danger). Diciamo che a differenza del precedente, manca forse il pezzo che ti lascia subito a bocca aperta (come era la strepitosa Fill the Blank), ma il disco rimane sempre di qualità altissima, con meraviglie melodiche che rimandano ai Pavement più svogliati o ai Pixies più corrosivi.
Chitarre, elettronica e melodia: la formula magica dei Car Seat Headrest
Si va da una Wheightfilters, che apre la danza con il suo incedere nervoso, tra sibilii e ritmi irresistibili, al singolo Can’t Cool Me Down, pezzo suadente con basso e batteria pulsanti, passando per i ganci armonici che non ti mollano più di Deadlines (Hostile) e Martin, probabilmente il punto più altro del disco, una ballata con giro mortale che tiene incollati alle casse dello stereo. C’è anche il protorap di Hollywood, che richiama in modo esplicito i Beastie Boys, la tirata Hymn, che sembra uscita dal Bowie di Earthling, la incessante Deadlines (Toughful), che mischia, al solito mirabilmente, elettronica e melodia.
È un disco adorabile e imperfetto, c’è qualche episodio meno riuscito sul finale, ma è una prova che conferma comunque Toledo come uno dei più talentuosi autori della nuova leva indie rock e che ribadisce l’originalità di una formula sonora che fonde con sapienza rabbia, malessere e dolcezze improvvise. Sono bravi i Car Seat Hedrest, molto bravi e meritano di essere seguiti con attenzione; aspetto con ansia la prossima prova, che spero non si farà attendere altri quattro anni e che potrebbe essere quella della consacrazione definitiva, che ancora qui non si compie. Per ora mi lascio andare nel dondolio magnetico di Martin, godendomi il talento giovane e sincero di Will Toledo.
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