Chelsea Wolfe - She Reaches Out To She Reaches Out To She

Chelsea Wolfe: se nasci adulto non cresci.

Ci sono musicisti e artisti a cui accade di nascere già adulti, compiuti. È giusto il caso della cantautrice statunitense Chelsea Wolfe. Quarantenne di Sacramento, otto album in studio alle spalle, Wolfe esce nel 2024 con She Reaches Out To She Reaches Out To She (Loma Vista Recording).

Nascere adulti non sempre è un bene. Affermata una prima volta, talora in modo convincente, una lieve impronta musicale, per questa schiatta d’artisti il passare del tempo è, più che per noi, una specie di ingrata condanna; alla ripetizione e, di conseguenza, al faticoso tentativo molto, troppo congegnato a tavolino, di innovare.

Chelsea, si diceva, fa parte di questa schiera di bravi a scuola ma poco dotati di fantasia. Chi scrive non è, per intenderci, fra i suoi detrattori, ma, per essere una volta tanto coerente con le premesse appena formulate, si annovera fra coloro (non so né chi né quanti siano questi “coloro”, ma ci dovranno pur essere) che considerano il primo album della musicista californiana il suo migliore. 

Una potente opera prima e poi…

Certo, non sfugge come The Grime And The Glow (2010) cada a piene mani sotto l’influenza di due modelli femminili tanto difficili da evitare quanto impossibili da emulare, Beth Gibbons e Pj Harvey. Ma è teso e vibrante, scuro, intenso e ricco di belle e screziate linee melodiche The Grime And The Glow. Il mondo piovigginoso e avvilito della cantante è già tutto li, e del resto Chelsea Wolfe continuerà anche negli album successivi a imbattersi ora in Scilla ora in Cariddi, mescolando folk, elettronica, doom, noise ed un gusto gotico non greve ma risaputo senza mai approdare a terre, se non inesplorate, almeno completamente autonome rispetto a modelli alla fine mortificanti di ogni sua aspirazione all’originalità.

La carriera musicale di Chelsea Wolfe è poi continuata così, misurando piccoli passi in avanti o di lato rispetto al disco d’esordio: belle canzoni, nessuna che veramente si ricordi, la costante, eterna variazione di una formula data alla luce e imparata una volta per tutte. Cambia l’equilibrio della mescola, di volta in volta, ma gli ingredienti sono sempre i soliti. E neanche le ha portato troppo bene alla fine la lettura di Jung, se la lettura dell’opera Ricordi, Sogni, Riflessioni è stata fonte di ispirazione al ruvido, rumoristico e un po’ noioso Abyss (2015). Riprova, caso mai ce ne fosse bisogno, che leggere fa sempre bene ma non sempre la fatica vale la sofferenza.

Insomma, a voler condensare tutto in una saggia per quanto spicciola formula sapienziale: brava, ma due palle.

She Reaches Out To She Reaches Out To She non esce dallo stallo creativo

In She Reaches Out To She Reaches Out To She non cambia di troppo la sostanza. Molta elettronica, gusto, un po’ ripetitivo, di spezzare il discorso melodico (che invece è, a nostro giudizio, la punta più acuminata di Chelsea Wolfe), atmosfere cupe e percussive come da immutabile programma di sala, una produzione debordante e invadente, e soprattutto un sospirare e un eccedere in riverberi vocali che creano subito sazietà. Si vorrebbe dire, tante belle tessere di una suite che ad essere ascoltata per intero rende evidente a pieno il disegno che le sta dietro. Ma no, non sarebbe vero. Canzoni che semplicemente non riescono mai a dare un calcio alla loro buona fattura per farsi ricordare. 

Difficile dire cosa esattamente non vada in She Reaches Out To She Reaches Out To She. Canzoni brutte non ce ne sono, ché di brutte Chelsea non ne scrive, perché non osa. I punti più alti, secondo noi, si annidano là dove Wolfe riesce a far respirare un’aria melodica più pura, quelle poche volte in cui si libra ad una quota in cui l’ansia di iperprodurre si fa più lontana. E allora le oasi brunite di The Liminal, Salt e della morbida e un po’ assonnata ballad Place In The Sun regalano bei disegni in un’atmosfera più pura e respirabile.

Ma sono tracce labili. Che dimenticheremo già domani.

Chelsea Wolfe - She Reaches Out To She Reaches Out To She
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Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1984. Clash, Sex Pistols, Who e Bowie fin da subito i grandi amori. Primo concerto visto: Eric Clapton, 5 novembre 1985, ed a seguire migliaia di ascolti: punk, post punk, glam, country rock, i pertugi più oscuri della psichedelia, i freddi meandri del krautrock e del gotico, la suggestione continua dell’american music. Spiccata e coltivata la propensione per l’estremo e finanche per l’informe, selettive e meditate le concessioni al progressive. L’altra metà del cuore è per i manoscritti, la musica antica e l’opera lirica. Tutt’altro che un critico musicale, arriva alla scrittura rock dalla saggistica filologica. Traduce Rimbaud.

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