I Coldplay tornano a distanza di cinque anni dall’ultimo disco.
Avevamo lasciato i Coldplay nel 2015 con il poco convincente A Head Full Of Dreams e li ritroviamo a fine 2019 con Everyday Life.
Atteso, a quanto pare, nonostante le scarse prove recenti. Ma è vero che ormai, nella desolazione del pop-rock (e anche del rock tout-court) tradizionale, per molti un po’ di chitarre e di melodie, per quanto blande, paiono essere un buon riempitivo. Peraltro, Chris Martin è davvero un everyone’s darling, carino e di buoni sentimenti, ha collaborato con tutti da Brian Eno a Rihanna (che mi piacciono entrambi) e dunque vediamo cosa fa (con Guy Berryman, Will Champion, Jonny Buckland) in questo nuovo disco.
Everyday Life: un disco doppio per i Coldplay
Everyday Life si presenta con delle ambizioni. È un doppio anche se con 53 minuti un solo cd basterebbe. Potrebbe essere una mossa astuta per aumentare le classifiche di vendita (e non sarebbero i primi), oppure per non pensar male l’esigenza di dividere il disco in due parti, sebbene non è che ciascuna delle due abbia un carattere troppo differente dall’altra.
Coldplay – Everyday Life: vogliamo chiamarlo eclettismo?
A dire il vero, i Coldplay con Everyday Life giocano la carta dell’eclettismo: dal piano iniziale di Sunrise si passa all’elettronica di Church e Trouble in Town (che all’inizio sembra un pezzo di Sting). Niente di troppo marcante, ma almeno incuriosisce. Poi però arrivano BrokEn e Daddy, ballatona strappalacrime in cui un ragazzo parla col padre assente. Si nota poi Arabesque, uno dei due singoli, con Stromae (buona la sua performance vocale) e il sax, differente dal solito. Ci sono anche molti interludi abbastanza inutili, c’è una specie di Chris-Martin-suona-Bob-Dylan in Guns ed è il Dylan anni ’60, con chitarra acustica, ma purtroppo non la medesima qualità.
L’altro singolo Orphans è irritante per la magniloquenza, mentre verso il fondo si trova qualche pezzo pop decente, inclusa la title track e Champion of the World, probabilmente in momento migliore del disco. Insomma l’impressione è che con Everyday Life i Coldplay, non sapendo bene che strada prendere, le abbiano prese tutte. Quel che però dà più fastidio nel disco è la volontà di apparire mondialisti e buoni. Ci sono i coretti banali, c’è il gospel by numbers (come se non bastasse l’ultimo Kanye West) di BrokEn, gli anni ’50 di Cry Cry Cry, l’Africa formato cartolina di Èkó (“In Africa / We dance in the water and hold / Each other so tight”).
Una band che continua a piacere
C’è chi dice che sono la migliore band inglese, e sarebbe una tragedia peggio della Brexit, ma per fortuna non è così. Alcune belle canzoni a inizio carriera le hanno scritte e forse basterebbe tornare a quelle, senza cercare di accontentare tutti, ma ormai pare che la vena sia esaurita. Comunque, doppio o singolo, è probabile che Everyday Life venderà un buon numero di copie, nonostante l’assenza di un tour di supporto, che la band a quanto pare non vuole per ragioni ecologiche. Con buona pace del pianeta, e anche mia.
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