Damien Jurado - What’s New TomboyLoose - 2020

Damien Jurado: What’s New Tomboy, il fascino del togliere l’inutile.

Lavora di sottrazione Damien Jurado, in questo suo ultimo lavoro intitolato What’s New Tomboy, uscito su etichetta Loose. Il cantautore di Seattle aveva intrapreso già con i suoi ultimi due lavori (The Horizon Just Laughed e In The Shape Of A Storm) un percorso che mirava a semplificare ed asciugare la propria musica, lasciando al passato della sua ormai lunga carriera (siamo al 15esimo disco dal 1997), gli orpelli e le sovrastrutture che in alcuni casi avevano appesantito la sua indubbia vena melodica.

Damien Jurado - What’s New Tomboy
Loose – 2020

Come confermato dallo stesso artista in più occasioni, il suo approccio alla musica è radicalmente cambiato dopo la dolorosissima perdita del suo amico e sodale Richard Swift, nel 2018, portandolo a privilegiare una visione sicuramente più intima e raccolta.

Nelle vesti di folksinger

La svolta avvicina Jurado ai grandi folksingers del passato e l’impasto di voce e chitarra riporta alla mente echi chiaramente drakeiani: ma se con il penultimo disco eravamo dalla parti di Pink Moon, con What’s New Tomboy siamo più vicini al Bryter Layter del genio di Tanworth-in-Arden. Con il prezioso ausilio del polistrumentista Josh Gordon, Jurado ci offre una prova misurata, intrigante e profondamente affascinante: in evidenza calde chitarre acustiche su suggestivi tappeti sonori di mellotron, hammond e piano elettrico, sapienti tocchi di chitarre elettriche, innesti di drum machine, in una originale formula sonora che accosta e miscela con gusto e sensibilità le diverse inclinazioni dell’artista di Seattle. Il lavoro di sottrazione si sa, è una fatica immane per ogni artista, ma quando, come in questo caso, è svolto con gusto e sensibilità, porta a risultati notevolissimi.

Dieci piccoli tesori nascosti

La musica di Jurado, a dispetto dell’approccio minimale, appare ricca, variegata, originale e offre un pugno di canzoni strepitose, dai colori vividi e affascinanti. Disco raccolto (bravo Damien! Dieci pezzi per poco meno di mezzora di musica), che invita all’ascolto continuo e prolungato, scoprendovi ad ogni passaggio, nuove luci ed ombre che rendono ogni pezzo un piccolo scrigno colmo di preziose gemme. Si parte con Birds Tricked Into The Trees, ballata ariosa da viaggio in macchina a finestrini aperti, chitarre acustiche ed elettriche, hammond come base, su un ritmo scandito dalla drum machine, canzone meravigliosa.

 

Si prosegue con l’accorato omaggio all’amico Swift (Ochoa, vero cognome dell’amico scomparso), delicati arpeggi di acustica per un testo struggente (And where you go, far from me but not for long), cantato con passione e amore. Una volta entrati nel mood, non se ne esce più, trascinati in una girandola che alterna il sensibile pop di Alice Hyatt, al trittico à la Nick Drake (quello accelerato di Arthur Aware, quello classico di Fool Maria e quello struggente di Francine), passando dal fingerpicking di Sandra, per chiudere poi con una The End of the Road dal sapore quasi beatlesiano e con il ritmo sintetico di Frankie.

What’s New Tomboy: il caldo rifugio di Damien Jurado

Disco bellissimo, da ascoltare e riascoltare ma che, con i tempi che corrono, rischia di passare ingiustamente inosservato. Il lavoro di Jurado appare infatti più in linea con i gusti e le atmosfere di un passato, in cui i dischi venivano costruiti come piccole opere di artigianato, con la cura dei piccoli particolari da offrire al gusto innocente dell’ascolto più puro. Se così fosse sarebbe una perdita grave, perché What’s New Tomboy è un piccolo gioiello. Il consiglio è di perdersi tra le note incantate di questo disco che, siamo sicuri, dopo un pugno di ascolti riuscirà a conquistare chiunque sia in cerca di un piccolo caldo rifugio.

Damien Jurado - What’s New Tomboy
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Classe 1965, bolzanino di nascita, vive a Firenze dal 1985; è convinto che la migliore occupazione per l’uomo sia comprare ed ascoltare dischi; ritiene che Rolling Stones, Frank Zappa, Steely Dan, Miles Davis, Charlie Mingus e Thelonious Monk siano comunque ragioni sufficienti per vivere.

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