David Crosby, la classe della terza età rock.
Non inizia benissimo questo nuovo disco del settantaseienne David Crosby, perché She’s Got To Be Somewhere è un clone esagerato degli Steely Dan, nel quale la voce di Croz si perde un po’ nel sofisticatissimo arrangiamento. Non è comunque un mistero la passione del cantautore per la musica del gruppo di Donald Fagen e del compianto Walter Becker.
Sky Trails: un disco elegante
Per fortuna il secondo brano, quello che dà titolo all’album, si presenta con l’arpeggio che ben conosciamo. E c’è la sorpresa di una voce femminile, Michelle Willis. Questa caratteristica, oltre al sassofono di Steve Tavaglione che vola alto tra le rime, trasmette il ricordo di certe fortunate collaborazioni di Joni Mitchell con Wayne Shorter. Come conferma, in Sky Trails si ascolta anche una cover mitchelliana, Amelia, il brano di Hejira dedicato alla scomparsa dell’aviatrice americana Amelia Earhart. Si tratta di una bella versione, quasi fotocopiata, specie nel suono delle chitarre, che però non raggiunge l’insuperabile originale.
Un David Crosby sempre più mitchelliano
Nel resto del disco Crosby si fa ancora coinvolgere in arrangiamenti troppo patinati, in contrasto con quanto avveniva nel precedente Lighthouse, lavoro ben più centrato e armonico di questo. Curiosa ma innocua, per esempio, la ballata pianistica Before Tomorrow Falls On Love, un misto tra Randy Newman e il crooning di classe, scritta assieme a Michael McDonald, l’ex Doobie Brothers. Si fanno apprezzare anche le due ballate dominate da voce e chitarra acustica, Somebody Home e la conclusiva Home Free. Quest’ultima ci offre sei minuti di puro Crosby, in una confessione dilatata e senza tempo. Il brano è caratterizzato da un basso agile (suonato dall’estone Mai Agan ) che ci riporta direttamente a Jaco Pastorius e, ancora, alla gigantesca presenza/assenza di Joni Mitchell, nome che aleggia inequivocabile, piaccia o no, su questo disco imperfetto, ma di gran classe.
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