Deep Throat Choir – In Order To Know You

Un passo avanti per il Deep Throat Choir: In Order To Know You.

Non si facciano illusioni i lettori maschi! A dispetto del suo nome il folto gruppo di voci femminili capitanato dalla londinese Luisa Gerstein – già componente di un altro gruppo quasi completamente femminile, i Landshapes – fa una musica che non ha niente di “peccaminoso”. Dopo aver debuttato nel 2017 con l’album Be OK, composto quasi interamente da covers, questa sorta di collettivo i cui membri collaborano tutti – o meglio, tutte – alla stesura di testi e musica ha deciso di alzare l’asticella e di cimentarsi in proprio con la scrittura musicale. Il risultato finale è un disco raffinato e assai gradevole, dove la parte del leone è fatta ovviamente dalle voci.

Un disco corale

Le componenti del Deep Throat Choir si alternano nel ruolo di soliste mostrando comunque una sostanziale uniformità di intonazione all’interno di un arco che va da Janis Siegel a Rickie Lee Jones, passando per Kristin Hersh e simili. Ma ogni pezzo è “corale” e, anche se spesso le altre interpreti interagiscono quasi esclusivamente con vocalizzi che richiamano il canto a cappella più che con veri e propri controcanti, l’effetto è quello di un collettivo che si muove all’unisono. Nel suo insieme il disco si presenta come un prodotto “unitario” e abbastanza originale, aldilà di prevedibili episodiche assonanze con analoghe esperienze del passato: su tutti i Manhattan Transfer, specialmente nei loro accenti più pop e meno “jazzati”. Il che ovviamente non esclude differenze anche notevoli tra gli undici brani che lo compongono.

Le canzoni di Deep Throat Choir – In Order To Know You

Ad esempio, Alchemilla è quello che, nelle atmosfere e negli “impasti” vocali, richiama forse più da vicino i Manhattan Transfer. Firefly è il pezzo più “jazz”, con una intro del sax che si riaffaccia poi costantemente all’interno del brano e il seguente, Picturing, si muove più o meno dentro le stesse coordinate. Poi arrivano le differenze e gli apporti più originali. In Uvas, dedicata da Luisa a sua madre, fa capolino una chitarra pizzicata che richiama certo folk centro-americano, amalgamata con frequenti “intrusioni” di sax; e la successiva Lighter ha un inizio orientaleggiante che ricorda la musica giapponese.

 

Cadenze orientali che si ritrovano in Unstitching, che inizia a cappella con un coro muto che lascia presto il passo a un’elettronica “discreta” intercalata da un tremolio di violino e dal sax. Un violoncello si aggiunge nel brano eponimo, mentre la successiva Patience esordisce a cappella per proseguire con un sottofondo di percussioni dall’andamento marziale quanto discreto. Aldilà degli apporti più o meno episodici degli altri strumenti, sono proprio le percussioni e un’elettronica “light”, comunque non prevaricante e mai  “artificiosa” a costituire la cifra stilistica dell’intero disco, contrappuntando in modo costante le parti vocali. In conclusione: easy listening? Forse, ma ben cantato, ben suonato e ben arrangiato, nonché ben prodotto dalla stessa Luisa Gerstein.

Deep Throat Choir – In Order To Know You
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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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