Gli Earthgang lasciano il segno con Ghetto Gods.
Ghetto Gods è il secondo album in studio del duo hip hop Earthgang e sprizza Atlanta da tutti i pori. Il sud è la loro patria e si sente: il rap incontra il funk e il soul, mentre si sprecano i paragoni con “il duo” per eccellenza, ossia gli Outkast, o con il collettivo Dungeon Family. Produce Kawan Prather, già al servizio di entrambe le glorie citate. CeeLo Green è pure della partita, con un contributo su Power. Ci sono anche Future, JID, J. Cole, Musiq Soulchild, Baby Tate, Nick Cannon e Ari Lennox. J. Cole ospita sulla sua etichetta Dreamville.
Passato e presente di Atlanta sfilano in Ghetto Gods
Il disco è una piacevole pausa rispetto ai suoni di plastica di troppo rap contemporaneo. Olu (aka Johnny Venus) e WowGr8 (Eian Parker) impiegano strumentisti, rappano e cantano senza autotune. Se la formula è già scritta, nondimeno gli Earthgang sono in grado di allineare un buon numero di belle canzoni per Ghetto Gods. Peraltro, un’occhiata a suoni contemporanei i due non mancano di darla, come mostra l’ottima Amen che riesce a fondare trap e jazz. All Eyes On Me è un altro highlight, più trap che altro, ma insolitamente soul. American Horror Story incorpora reggae e dub. Billi con Future richiama i primi Migos, l’altro modo di interpretare Atlanta.
Alla fine con Ghetto Gods gli Earthgang riescono a creare un ponte fra il nuovo e il vecchio hip hop del sud, con un senso della melodia sicuro e un buon numero di brani che restano immediatamente in testa. Hanno anche la presenza scenica giusta e testi non banali. Potrebbero osare un po’ di più, come fecero gli Outkast quando divennero leggenda, perché sembrano averne le capacità, però nel disco trovano una bella formula e la sfruttano senza spingersi più in là di tanto. Per questo il disco mi piace, e molto, ma lascia un’impressione di parziale incompiutezza (che è poi anche il motivo del ritardo con il quale questa recensione appare).
Be the first to leave a review.