Emma Tricca – Aspirin Sun

Accompagnata da una band di peso, l’italiana a Londra Emma Tricca presenta Aspirin Sun.

Quarto album dell’italiana – ma ormai trapiantata da anni a Londra – Emma Tricca, Aspirin Sun sembra presentarsi fin dall’inizio come un tipico disco “post lockdown”. Melodie “dolci”, voce soffusa e strumentazione “discreta”, peraltro assicurata da esecutori di prim’ordine: Steve Shelley (Sonic Youth) alla batteria, Jason Victor (Dream Syndicate) alla chitarra e Peter Galub al basso. Ma a ben vedere c’è di più. Lo smarrimento, certo: “I was lost and confused” enuncia Emma all’inizio del bellissimo brano di esordio Devotion – poco più di due minuti retti da rarefatti accordi di piano e poco altro – e non a caso confusion è una delle parole che ricorrono con una certa frequenza nel corso dell’intero disco. E in questo smarrimento deve certo aver avuto una parte non indifferente la perdita del padre, di poco precedente lo scoppio della pandemia.

Un tema dominante

Sempre non a caso il ricordo è l’altro tema dominante del disco a partire dal brano successivo, Christodora’s House, più di sette minuti nei quali sono la chitarra di Victor e la batteria di Shelley a costruire un “tappeto” che sfocia in accenti finali di psichedelia e sul quale la voce della Tricca si innesta con una dolcezza controllata e priva di eccessi di glucosio. Voce che è anche capace di assumere toni più “profondi”, come in Autumn’s Fiery Tongue, introdotta da una solitaria chitarra acustica ma alla quale poi l’ingresso di percussioni ritmante conferisce un tono “marziale”, quasi epico. Accenti di psichedelia si ritrovano anche nella quasi “sognante” Leaves; atmosfera sognante alla quale contribuisce non poco la lunghezza del brano (oltre sette minuti). A proposito, impossibile non notare che dei nove brani del disco tre superano questa durata e uno, Ruben’s House, si protrae per quasi undici minuti.

Se per King Blixa si è parlato, a ragione, di ballata westcoastiana, nella quale la voce della Tricca modula suggestivi cambi di timbro, la successiva Ruben’s House ci riporta inizialmente a un clima di soffusa e ipnotica malinconia degno di Susan Vega per poi virare verso una seconda metà strumentale e a tratti quasi “rumoristica” che strizza più di un occhio a certo krautrock. Gli ultimi due brani – Through The Poet’s Eyes, con ritmi ben più movimentati e con l’apparizione perfino di una sorta fanfara di fiati,  e Space And Time, improntata ad una atmosfera più “distesa”, anche qui contrassegnata dall’intervento dei fiati, fra i quali fa capolino anche una tromba “mariachi” – modificano sensibilmente la “cifra” musicale complessiva.

La conclusione e, forse, il messaggio di Emma Tricca nascosto in Aspirin Sun

Proprio in questo finale e in questo  andare progressivamente verso atmosfere più “allegre” sta forse il “messaggio” del disco, nonché il disvelamento del significato del titolo. Emma Tricca vuole, credo, dirci, di aver attraversato un periodo difficile senza essersi arresa e il suo lottare contro queste avversità le ha permesso di intravedere una via di uscita e di percorrerla fino alla fine del tunnel. E il sole visto finalmente al termine del percorso ha la forma, e anche la funzione, di un’aspirina: lenisce il dolore, attenua la malinconia e fa sperare in un futuro più sereno. Una vicenda e un messaggio nei quali possiamo anche noi trovare più di un punto in comune.

Emma Tricca – Aspirin Sun
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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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