Grandaddy - Blu Wav

Blu Wav: l’amore (perduto) ai tempi del digitale secondo Jason Lytle/Grandaddy.

Wav: “standard di formato digitale per file audio”. Jason Lytle ha sempre saputo poeticizzare la tecnologia. Si pensi, ad esempio, a una canzone come Jed The Humanoid, presente sul disco capolavoro dei suoi Grandaddy, The Sophtware Slump. Quanto a Blu (senza “e” finale per assonanza con wav), basta ascoltare qualche minuto di disco per capire come sia da intendere nel classico senso di “triste”.

Sì perché Blu Wav è un disco proprio triste. Non che Lytle sia mai stato un allegrone, ma stavolta pare aver preso forti sberloni sentimentali. Oppure ha scelto di calarsi con pietre in tasca nella parte dell’informatico della Silicon Valley in grave crisi sentimentale con una collega. Ecco una scena particolarmente efficace tratta da Watercooler, uno dei pezzi più belli: “Fammi solo un cenno con la mano/ Mentre vai dal distributore dell’acqua/ non aspettarmi che tanto fra noi non va/  Per favore solo un cenno della mano/ Mentre vai dal distributore dell’acqua/ Passando per la stanza del personale/ Come fai sempre”.

La tristezza a tempo di valzer di Blu Wav

Per tale struggente compito il nostro ha scelto di scrivere le nuove canzoni ispirandosi a una forma musicale giustamente poco rinomata per la sua vis comica: il valzer (fonte d’ispirazione è stata l’ascolto  radiofonico di The Tennessee Waltz di Patti Page durante  un viaggio automobilistico – non è dato di conoscere il paesaggio circostante, ma c’è da immaginarlo desolato). Quanto ai suoni, il ruolo di protagonista è andato, guarda tu la stranezza, allo strumento dolente per eccellenza, la pedal steel, affidata all’abile Max Hart (We Are Scientists e molto altro).

Un album più di Jason Lytle che dei Grandaddy

A questo punto è evidente come Blu Wav sia un album da prendere o lasciare. Ai vitalisti duri e scuri parrà lagnoso. automiserabilista e anche troppo country; a chi si trova in ambasce di cuore regalerà conforto e affinità elettiva a prescindere dal country. Coloro che invece si sentono super partes e super dolores penseranno più o meno quanto segue: a) Blu Wav sarebbe da attribuire al Jason Lytle solista e non ai Grandaddy visto che, salvo la  già citata pedal steel, suona tutto lui; b) anche in base al punto precedente l’effetto d’insieme può risultare a tratti monocorde e ci vorrebbe più elettronica povera come nei lavori precedenti; c) pur non trovandoci di fronte al suo miglior lavoro, Lytle resta uno scrittore capace di bei guizzi melodici e poetici in grado di dare luce, ancorché diafana, al blu e persino al wav. È il caso  di un altro brano emblematico fin dal titolo, Jukebox App: “La app jukebox e una macchina dai vetri oscurati/ Sono accanto al nostro bar preferito/ La stessa canzone a ciclo continuo e tutti stanno uscendo di testa/ E io sono ancora qui in questo parcheggio”.

Un disco forse solo per certi momenti; momenti che – giusto per portare un po’ sfiga – prima o poi capitano a tutti. Da tenere a portata di ghiandole lacrimali per stare un pochino meglio dopo l’ascolto.

Grandaddy - Blu Wav
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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