Un disco faticoso da ascoltare: Ty Segall – Three Bells.
Che fatica scrivere questa recensione. Perché questo ultimo lavoro (Three Bells – Drag City) di Ty Segall che contrariamente alle cadenze annuali quando non addirittura semestrali, del chitarrista californiano, giunge a due anni dall’ultimo apprezzabilissimo Hello Hi, è un disco che personalmente ho trovato sin da subito dannatamente faticoso da ascoltare.
La band
Suonato assieme ai fidi Emmett Kelly (basso e chitarre), Mikal Cronin (basso), Charles Moothart (batteria), Ben Boye (tastiere) e Denée Segall, è un disco prolisso, stancante, dove non si trova un motivo che ti rimanga in testa per più di due secondi e che vola via, dopo 65 minuti che paiono non passare mai.
Un Ty Segall prog-rock che perde il filo in Three Bells
Ci sono episodi che si elevano leggermente dal grigiore generale (la svisante I Hear, la dondolante Reflections, la sbarazzina My Room), ma comunque troppo poco sulle 15 tracce totali del disco, che appare nel complesso impantanato nelle acque melmose di un prog rock senza capo né coda, dove il talentuoso Segall, annaspa cercando invano delle vie d’uscita, da un dedalo di vacui giri di chitarra sostenuti da un drumming cerebrale (nel senso peggiore del termine) e invadente e da una musica suonata all’insegna dell’aggiungere sempre più cose, in un’opulenza sonora vuota e faticosa.
Un passaggio a vuoto, un vero peccato, un’occasione persa.
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