Jarv Is, cioè Jarvis Cocker più nuova band: Beyond The Pale.
Dunque, prima di tutto Beyond The Pale non è un disco solista, ma il prodotto di una vera band che si chiama Jarv Is.

Si, ma diranno i miei piccoli lettori, ma letto tutto attaccato è chiaro che è un disco di Jarvis Cocker, l’ex frontman dei Pulp, senza i quali non avremmo avuto i Baustelle (ma non gliene facciamo una colpa…). E che da solista non ha, a parte un brano , Running The World, cambiato più di tanto la storia della musica ma che, invece, si è imposto come opinionista, commentatore e chi più ne ha ne metta, di una Albione sempre più orwelliana.
Nostalgici astenersi
Ora se il ricordo che abbiamo del performer tra i più nerd del pianeta vuole rimanere inossidabile, se il glitter e il glam della ex band ancora aleggia forte e non si vuole affrontare la contemporaneità, astenersi dall’ascolto. Se, invece, ci si vuol appropinquare a un album maturo nei testi e nella composizione, in suoni che nulla hanno di appeal nostalgico, anzi, il contrario, ben venga dunque questo Beyond The Pale, lavoro educato nella sintesi e importante nel suo essere breviario all’attualità.
Jarv Is – Beyond The Pale
L’introduzione è affidata all’ironico e ineluttabile titolo Save The Whale, la voce si muove dalle parti dell’ultimo Leonard Cohen, l’accompagnamento è affidato a una elettronica calda e minimale. Prosegue il discorso Must I Evolve? Domanda che dovrebbe essere universale e dove dopo una partenza slow ci si emancipa in una cavalcata che richiama i fasti del passato senza imitazione. A tratti si identifica in quella che Brian Eno definiva energia idiota per glorificare i sussulti di Ultravox! e Talking Heads. Am I Missing Something? è pop song cibernetica velata di nostalgia ma ben supportata nel suo incedere, a tratti ricorda persino Robert Smith… House Music All Night Long già fu singolo anticipatore qualche mese fa e si conferma come raffinatissimo incontro tra cultura alta, notturna e seducente come una tenda appena sollevata sulle luci della città dopo il tramonto.
Sometimes I am Pharoah, anche qui l’ombra di John Foxx la sento vicina ma non abbastanza da urlare al plagio, un dipanarsi di suggestioni esotiche e beat frantumati, aspetta c’è anche David Bowie, quello di Outside! Che il Pharoah sia Sanders, il sassofonista che riportò sulla terra le suggestioni be bop quando assursero a livelli astrali? Swanky Modes e siamo subito in un night bar, poche strisciate di note su un pianoforte elementare, un po’ di crooning e un po’ di perversione alla Gainsbourg. Poi la chiusura affidata a Childern Of The Echo che esplode in una celebrazione ricca di entusiamo atemporale su una intro neo exotica e un chorus che sfocia in gioiosa celebrazione e consegna l’intero lavoro a questa epoca neomediovale in maniera grata e speranzosa sul dipanarsi delle nubi.
Bentornato Jarvis!
Il fatto che su sette brani ben tre contengano I (io..) nei titoli la dice lunga sull’utilizzo terapeutico che Cocker ha ricercato in questo lavoro che consiglio di ascoltare non in maniera distratta, possibilmente dal tramonto in poi e con chi si ritiene possa apprezzarlo senza pregiudizi verso nulla. Comunque ben tornato mister Cocker, uno che se non ha niente da dire sparisce per anni e quando ha, invece da dire la sua, sforna roba così è sempre da apprezzare.
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