Julia Holter - Something in the Room She Moves

Something in the Room She Moves: un disco tormentato per Julia Holter.

Ben sei anni sono passati dal precedente Aviary, una lunga e tormentata gestazione ha infatti caratterizzato questo nuovo album di Julia Holter, Dapprima l’artista americana ha conosciuto una crisi creativa causata dai lunghi lockdown (per un periodo ha anche perso la voce), poi vari problemi di salute hanno colpito alcuni dei musicisti coinvolti nel progetto. Ma alla fine Something in the Room She Moves, titolo beatlesiano, è arrivato sui nostri lettori confermando di trovarci di fronte a una delle voci più originali e tormentate della scena attuale. Il disco è pubblicato dalla Domino e la stessa Holter lo ha prodotto e arrangiato, mentre Kenny Gilmore lo ha co-prodotto, ed è dedicato al suo nipote diciottenne morto poco dopo la nascita della figlia della musicista americana.

Le alternative esistenziali proposte da Something in the Room She Moves

Il lavoro appare come un continuo giostrare su due alternative che si rincorrono e si intrecciano: da un lato il rischio di sprofondare, di perdere punti di riferimento e dall’altro la speranza di afferrare la luce, il sogno, l’amore. Anche musicalmente questa dicotomia si percepisce sia all’interno di singoli brani come Spinning, in cui all’aspra risolutezza delle martellanti percussioni si contrappone la dolcezza melodica del canto e del flauto, o la bizzarra, nevrotica e gioiosa Sun Girl che apre il disco.

Se in Aviary la cacofonia era la cifra stilistica attraverso cui rendere il caos e lo smarrimento che la Holter stava vivendo, qui abbiamo invece una più marcata ricerca della pace, della bellezza. Le melodie sono ariose anche quando, come in Meyou (un canto a cappella accompagnato da altre tre voci femminili), il coro si alza e si abbassa simile a un respiro che promana dalla viscere della terra in un canto di dolore e angoscia.

Something in the Room She Moves è un insieme di emozioni, di sensazioni molteplici, a volte contraddittorie, sempre coinvolgenti e dettate da un’artista autentica e geniale che usa gli arrangiamenti in modo congeniale a quello che sente di esprimere. Elettronica, jazz, prog, certi passaggi crimsoniani, un’attitudine sperimentale che la avvicina al Wyatt di Rock Bottom, ma anche ad artiste come Kate Bush o Björk, sono tutti elementi che contribuiscono a rendere l’album um’esperienza uditiva emozionante e non consueta. Così passiamo dalle atmosfere sognanti e irreali di These Morning alla lunga title track maestosamente costruita su una melodia avvolgente che si spezza e ritorna fra synth, sax e un flauto evocativo. Seguono la spettrale Materia, le suggestive sonorità quasi dark ambient dei synth e del clarinetto nello strumentale Ocean, le ondate emotive di Evening Mood, il meravigliosamente caotico intreccio di jazz, prog, avanguardia nell’arrangiamento di Talking to the Whisper, l’accorata, dolce e dolente Who Brings Me che chiude quello che già si annuncia come uno dei titoli più importanti dell’anno.

Julia Holter e la vita vera

Ma la principale qualità del disco, quella che lo distingue dalle tantissime produzioni che invadono il mercato, sta che nelle sue canzoni ci senti pulsare la vita vera, l’umanità e la sincerità di Julia Holter. È una sensazione che va oltre l’eccellenza dei risultati e che si percepisce e si intuisce non soltanto nelle ammalianti e dolcissime melodie, ma forse soprattutto nei momenti apparentemente più incerti e contraddittori.

Spero di aver reso almeno in parte giustizia a Something in the Room She Moves e ovviamente invito chi legge ad ascoltarlo, se non l’avesse ancora fatto, E per quanto mi riguarda corro subito a riascoltarlo.

Julia Holter – Something in the Room She Moves
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Nato nel 54 a Palermo, dal 73 vive a Pisa. Ha scritto di musica e libri per la rivista online Distorsioni, dedicandosi particolarmente alla world music, dopo aver lavorato nel cinema d’essai all’Atelier di Firenze adesso insegna lettere nella scuola media.

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