Recensione: Juliana Hatfield – Weird American Laundromat Records - 2018

Juliana Hatfield ad una prova attesa.

Recensione: Juliana Hatfield – Weird
American Laundromat Records – 2018

Dopo i quattro anni trascorsi tra la pubblicazione del suo terzultimo disco (Wild Animals del 2013) e quella del penultimo (Pussycat del 2017) Juliana Hatfield torna agli intervalli cronologici che le sono più consueti e dà alle stampe questo Weird. Nella voce che Wikipedia dedica alla musicista del Maine trapiantata a Boston a proposito di di “genere” si legge: rock alternativo, indie rock, indie pop. Sappiamo bene che questo tipo di “etichette” lascia il tempo che trova; e sappiamo anche che sul termine “indie” si potrebbe aprire una discussione infinita, così come sappiamo che nella fattispecie queste etichette si riferiscono – o almeno dovrebbero riferirsi – all’intera attività di musicista della Hatfield.

Weird fra rock e pop

Ciò premesso, ci sembra che a questo ultimo disco si attaglino decisamente di più la penultima, e soprattutto l’ultima, definizione, anche se il confine tra rock e pop è spesso assai più labile di quanto non si pensi comunemente. Intendiamoci: il disco è gradevole e scorre via senza intoppi, con una strumentazione “classica” basata soprattutto su una batteria sempre precisa e non troppo “invadente” e chitarre nel complesso abbastanza “pulite”, con uso di distorsori e pedali vari generalmente abbastanza limitato. Qua e là qualche effetto elettronico a rendere il tutto un po’ più “spicy”, come all’inizio di Everything’s For Sale. Questo equilibrio tra rock e pop caratterizza un po’ tutto il disco in ogni brano, ma ovviamente la bilancia pende a volte a favore dell’uno o dell’altro.

 

Ad esempio, nei brani iniziali – Stayin’ In e soprattutto It’s So Weird e Sugar – ci sembra che prenda decisamente la direzione del secondo mentre, man mano che si va avanti, in pezzi come All Right Yeah, Broken Doll o No Meaning la “cifra” rock ci pare prevalere.

La voce di Juliana Hatfield

Proprio per questa commistione pop-rock e per un sound che ricorda molto certe sonorità anni ’80 il primo accostamento che viene alla mente è quello con i Pretenders, anche se la voce di Juliana Hatfield non ci pare avere la calda personalità e la varietà di registri espressivi di quella di Chrissie Hynde. E non ci sembrano lontane neppure certe atmosfere alla Fleetwood Mac, anche in questo caso fatte salve le differenze con la voce di Stevie Nicks. Quella di Juliana Hatfield ci pare piuttosto paragonabile a quella di Suzanne Vega, anche se ovviamente il differente “contesto musicale” smorza di molto le similitudini. Alla fin fine, un prodotto certo gradevole e ben confezionato che crediamo non aggiungerà molto alla considerazione dei suoi fans, mentre non giureremmo che sia il più adatto per accostarsi alla sua musica da parte di chi ancora non la conoscesse.

Juliana Hatfield – Weird
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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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