The Twilight Sad al quinto album.
Appartengo a quella (de)generazione che piuttosto che ascoltare gruppi o solisti “che assomigliano a” preferisco ancora ascoltare “a” e pertanto, con questa presunzione anagrafica mi presto, su consiglio di persona di fiducia e buon gusto, ad ascoltare questi Twilight Sad che mi si dice essere nelle mie corde. Ammantato della mia solita ignoranza sul nuovo (e ignorance is bliss diceva qualcuno) brevemente scopro che sono una band scozzese e che questo è già il quinto album quindi spero già di non diventare un fan sennò ti saluto finanze.
L’energia di It Won/t Be Like This All The Time
Bene, l’inizio è affidato a quel che un tempo si definiva un brano anthemico, 10 Good Reasons For Modern Drugs, scritto tra parentesi quadre, fortemente sostenuto da un tappeto ritmico elettronico ma non invadente e con un cantato epico dei bei tempi che furono.
Si è poi assaliti da un fracassone incipit in Shooting Dennis Hopper Shooting, che sfocia però in una song da inaspettate cadenze sonore welleriane. Ma sempre su un piano meramente auditivo e non ispiratorio.
Molti i richiami celebri nella musica dei Twilight Sad
Con The Harbour devo verificare che il player non sia skippato sui Cocteau Twins, ascoltare per farsene una opinione. Togliendo il cantato siamo in pura zona 4AD. E mentre la successiva VTr consolida questa opinione annusando anche qualche passaggio Cure, arrivo con aspettativa a Sunday Day13, e devo ammettere che è bella song crepuscolare anche se temo da un momento all’altro l’esplosione chaos che per fortuna non arriva.
Forse troppi…
Siamo a circa metà album, I’m Not Here (Missing Face), mi tradisce proprio a metà… beh Auge/Maschine inizia quasi kraut ma poi picchia troppo forte per me, almeno c’è una ritmica atipica. Keep It To Myself è nuovamente un possibile anthem, dondolante come certi Smiths, anche se il paragone con i dimenticati (credo) Gene, si palesa spesso, forse per le inflessione vocali. Girl Chewing Gum è motorik e Let’s Get Lost, pur buona come spunto, comincia a mostrare un po’ il limite del cantato. Si conclude con Videograms, altro bell’inizio elettronico ma ditemi che non è Martin Gore che canta perché pare proprio lui.
Insomma, disco di piacevole ascolto ma, ahimè, non è scoccata la scintilla: le tasche ringraziano e torno ad ascoltare gli “a”. Nessuno è perfetto.
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